Ventiquattresimo ed Ultimo Capitolo novembre 30, 2009 Matteo Piperio, Antonio Mangone, e Saverio Marasco (Maraschino), sono altri tre miei grandissimi amici d’infanzia.Oltre alla scuola ci legava il calcio. A parte Maraschino LORO DUE erano ottimi giocatori di talento. Privi di campo sportivo ,ci dovevamo accontentare della curva del cimitero vecchio, oggi trasformata in Piazza Padre Pio. Ci davavamo appuntamento quasi tutti i pomeriggi e tutta la giornata del sabato.Molte volte per mancanza di elementi si giocava in tre , oppure in quattro. In una recente E mail Antonio ,rammaricandosi per non esserci visti l’estate scorsa , mi ricordava alla perfezione come svolgevamo il nostro gioco. Con forte memoria Antonio mi diceva che essendo noi tre i piu’ bravi, eravamo costretti a fare uno contro due. E piu’ delle volte quello che giocava da solo vinceva. Antonio lascio’ il paese da giovanissimo per trasferirsi a Crotone con il resto della famiglia ,dopo la morte del suo povero babbo. Adesso vive a Cerenzia ,sposato con due figli,fa il pensionato. Toccato per il suo ""interessamento"" nei miei confronti, (mi diceva di aver letto i miei racconti su Falbocast) ,gli risposi promettendogli che avrei parlato di lui su questi miei nuovi racconti ,e con la speranza che al mio prossimo ritorno al paesello ,ci rivedremo di sicuro. Alcune volte pero’ capitava che si facevano delle vere sfide. Anche in 8-9 per parte e con avversari piu’ grandi di noi. Ricordo, una volta in una vigilia delle Palme. Tuonava e pioveva a dirotto . Mancavano poche ore all’inizio della sfida. Mangone , io e gli altri eravamo impazienti ma pronti . Sentivamo molto l’incontro. Matteo invece non si vedeva in giro. Preoccupati ,andammo a casa sua per domandare alla mamma dove si era cacciato. Bussammo , ci apri’ zia Luisa e per niente preoccupata, ci disse che era dentro, ma essendo pauroso dei lampi e dei tuoi, si era nascosto sotto il letto! ."Lo fa sempre fin da piccolissimo, Peppi’, quando ‘"stillampa’", se lo volete , lo trovate sotto il letto!! Ridemmo un po’." Una cosa un po’ bizzarra, pensai, ma a me Matteo interessava come amico ,e quel giorno soprattutto come mezzala . Venne il momento della partita. Affrontammo gente molto robusta. Eravamo in vantaggio ,ma ad un tratto dal lato dell’asfalto, in piena curva,dove occupavo il mio ruolo di ala sinistra, mi scontrai con Ginuzzu a Pippara,molto piu’ robusto di me. Precipitai a terra battendo con la guancia sinistra sul duro catrame e svenni. Non ricordando piu’ niente,mi dissero che in tre mi presero e mi misero a fianco del muretto che formava la scala per salire al cimitero. Mi svegliai tutto stordito. Toccandomi la guancia ,mi accorsi che mi faceva male. Ed era pure gonfia. Matteo finita la partita mi volle portare a casa sua,dove sua mamma ,zia Luisa mi fece bere qualcosa, facendomi lavare il viso.Tornando a casa vi risparmio le grida di mia mamma.:"A te questo pallone ti caccia dal mondo!" Ricordo solo questo, quello che mi disse sgridandomi! Con Matteo feci anche la quinta elementere,il nostro maestro era Dino De Vuono.Persona squisita,grande tifoso Juventino. Ricordo che ci portava alla pianura "E TIRESUZZA", ci divideva in due squadre, Juventus e Torino. Io e Matteo volevamo sempre la Juventus. Durante le pause ci parlava di Charles ,Sivori e Boniperti, i tre grandi giocatori Juventini anni sessanta. Matteo era bravo come mezzala e il professore Dino lo aveva soprannominato "Mathius", grande giocatore inglese anni 50. Ho rivisto il professore Dino quest’estate.Quasi sempre se la faceva con Peppino Caino, suo vicino di casa.Altre volte con Pecorella. Pero’ ricordo che anni fa ,la sua casa era meta di tifosi come lui ,che si davano appuntamento ogni qualvolta si giocavano partite inportanti. Oltre a farmi delle foto- ricordo con il professore, ebbi la gioia di vedermi delle partite d’inizio campionato in casa sua. Ho un bel ricordo di Dino. Moltissimi anni fa’, in una domenica di giugno ,il Catanzaro era appena salito in serie A. Si scatenarono caroselli di macchine che percorrevano il Corso dalla piazza alla Palazzina. Il professore con una grande bandiera giallo-rossa in mano,i colori del Catanzaro, si reggeva in piedi in una 500 scoperta. Forte e possente, guidava il plotone .Tutto sudato, con una maglietta incollata al suo corpo ,mostrava la sua gioia a tutti, mentre i klaxons assordanti facevano riversare la gente sul Corso. Momenti indimenticabili che ho "rivisto", parlando con lui anche di quella nostra Juventus.! Maraschino, non era tanto amante del calcio,come accennai piu’ sopra, ma ci siamo voluti molto bene, sia per averlo avuto in classe nella quinta elementare,sia da piu’ grandicelli. Quando appena sedicenni, cominciavamo ad "ARRUCCIARE"" qualche ragazza. Non c’enerano molte, ma quelle poche ,le classificavamo tra le "amiche".Tornato dal collegio dei preti come me, prosegui’ gli studi a Santa Severina , tornado per le ferie ,eravamo sempre insieme. Ne combinammo delle "belle". Ci fumavamo con la partecipazione di Matteo , le Nazionali ,una con filtro e l’altra senza. costavano solo quindici Lire…immaginate!! Le cicche le ficcavamo nei buchi dei muri delle case in via Soprana. Volevamo ritrovarle l’anno dopo al nostro consueto ritrovo. Cose fantasiose di adoloscenti nostalgici! Una sera si decise di passarla in modo differente. Volevamo fare una cena solo per noi, preparata da noi ,senza nessun intervento delle nostre mamme.Tutti ci proccupammo di portare vino ,pane, frutta. Mancava solo la carne. Ci chiedavamo come ottenerla.Qualcuno ,credo sia stato Vincenzo Rotella, a proposito tra gli altri c’erano Pandullo, Luigi Lammirati e Matteo , Vincenzo dicevo, ebbe una bizzarra idea. :" Hei guagliu’, ci sono tante galline in giro, ne possiamo fregarne un paio, e la cena e’ pronta.". ci guardammo tutti in faccia. E aderimmo al"Latrocinio", il problema che ci ponemmo era chi sarebbe entrato nel pollaio a rubare le galline? Nessuno si fece avanti. Alla fine il Rotella ,,prendendoci tutti per fifoni, si fece avanti lui, mentre Matteo ed io avremmo fatto "i pali". Maraschino aveva le case di via sottona, tra le quali una era vuota. fornita di focolare ,decidemmo di preparare il tutto in via Garibaldi, nemmeno farlo apposta ,quasi a fianco la casa dei miei futuri suoceri… scherzi del destino? Passammo un’ottima serata. Il vino quello delle migliori vigne della Graria fece il suo effetto. Era una serata nebbiosa. Mangiammo e ci saziammo tutti. Uscimmo fuori, qualcuno gia’ traballava nelle gambe ,compreso il sottoscritto..Facemmo il nostro solito giro in Via Soprana, e poi ciascuno a casa loro. Invece io andai dalla zia Rosinella ,sapevo di trovare le cugine. Entrando ,si accorsero subito che non ero normale. La presero e accettarono la cosa con risate. Specialmente quando ,non so perche’ imitavo Ruggero Orlando ,il giornalista della Rai che faceva i reportages da New York. :"Qui Ruggero Orlando…da NewYork ..Il presidente Jhonson..e cosi’ via ! Ragazzate di quartodicenni ,e quindicenni.Tutto qua’. Volevamo almeno per una sera sentirci differenti, uomini adulti, magari imitare i nostri padri. .Gli spassi e i divertimenti erano quelli . Era tutto cio` che ci passava la parrocchia.Lontani anni luce dai vari Facebook, Youtube, cellulari e computers. Anche se non necessariamente in ordine cronologico,come potrei dimenticarmi di Domenico Spina?. Incontrai anche lui nella quinta elementare del professore Dino.Poco portato a correre dietro un pallone come noi altri,ma compagno di gioco ugualmente. Ricordo che durante una disputa un po’ accesa,ci strappammo le camicie. Cose che succedevano tra noi ragazzi. Non sempre si poteva essere d’accordo su tutto. Come destino volle,ci ritrovammo nel 1966-67 nel primo e nel secondo Magistrale a San Giovanni in Fiore. Molto bravo ,era uno dei primi,mi aiutava su alcune cose di algebra e filosofia. Ma apprezzava moltissimo i miei temi, specialmente quando si trattava di raccontare qualcosa. Nel 1971-72, Domenico durante il suo lungo giro del mondo in Auto-stop,mi fece una gradita sorpresa,facendo sosta a Montreal ci venne a trovare. Immaginate la gioa che provammo io e la mia famiglia nel rivederlo.Rimase con noi un paio di giorni e poi continuo’ verso il West-Canada la sua avventura. E cosi’ nel 1976 quando io e Lina decidemmo di sposarci in Castelsilano ,lo volli per compare d’anello.Mentre per la comare scegliemmo la cara cugina Rita Congi.Una grande amicizia ci lega tutt’ora con il compare Domenico e la Comare Rosetta sua moglie. Quest’estate per motivi suoi di lavoro ci siamo visti pochissimo, ma nel 2001 ,nell’altra nostra venuta in Italia, i Compari fecero qualcosa che io e mia moglie apprezzammo molto. Ci ospitarono a casa loro ,vicino Roma.Mentre in paese ,non c’era una volta che non si andava in Sila oppure ricordo quando ci porto’ a visitare il nuovo ponte che collega Castelsilano con Savelli. Grazie compare, grazie a tutti gli altri!! Nel terminare questo mio lungo racconto e” il caso di dire come nel progamma televisivo di Carlo Conti, "I migliori anni della nostra (MIA) vita" , sono stati in gran parte tutti questi miei ricordi che ho voluto riportare in questi ventiquattro capitoli.Ritornando al mio caro paesello ,mi ha spinto a ripercorrere quei momenti,e rivivere con forte emozione quei giorni indimenticabili! :" NOI CHE ,OGGI DIVENTATI ADULTI ,PENSANDO DI ESSERE STATI BAMBINI,CI AIUTERA’ AD ACCETTARE LA NOSTRA VECCHIAIA E VIVERLA CON LO STESSO SPIRITO E LA STESSA SERENITA’ D’ALLORA!! FINE.
8:37 AM | Add a comment | Permalink | Blog it | NARRATORIA 6 commenti | NARRATORIA | Permalink Pubblicato da castel48 Capitolo Ventitreesimo novembre 26, 2009 Ritonando nel nostro paesello oltre a riabbracciare i nostri cari,visitato posti ,percorso le tante stradine dove ci hanno visti passare alcuni momenti piu’ belli della nostra infanzia,il ritrovare vecchi amici ,compagni dei nostri giochi , per chi come noi che non lo fa tanto spesso, ogni sacrificio é gratificante! Sapevamo che non tutti erano scesi per le ferie, pero’ tanti altri erano gia’ in paese. Ci vedevamo quasi tutti i giorni. Una sera durante la nostra consueta camminata ,nemmeno a farlo apposta, c’imbattemmo nella curva di San Leonardo con Schipani Domenico, Peppino Ferrarelli , il “napoletano“, Tonino Prete, e mio cugino Luigi (Max). Dopo esserci salutati feci notare agli amici ,con un sorriso velato di nostalgia questo :“ Ecco la classe del 48 che si ritrova!! “ Non ci poteva essere incontro piu’ caloroso e toccante come quello! Anche se il cugino Max é del 47. Incominciammo a parlare del passato e con Domenico ritornammo indietro di piu’ di cinquant’anni! Eravamo alla 2 .nda elementare con il professore Giuseppe Girimonte in via Soprana, nella casa della zia Rachele Marasco. Si dovevano salire delle scale per accederci .Allora le classi nel paese erano ancora una lontana dall’altra . Una mattina il nostro citato professore entro’ in aula , e sedutosi sulla cattedra , con viso crucciato ,incomincio’ l’appello. Mancava qualcuno. Lo sentivamo brontolare e anche se vicini ,era praticamente inpossibile per noi capirlo e immaginare con chi c’é l’avesse. Passo’ per i banchi, ci guardava uno per uno. Ad un tratto si rivolse a Domenico e lo invito’ a recarsi alla lavagna. doveva copiare qualcosa . Non ricordo esattamente cosa. Con mano tremolante e reggendo appena il gesso , obbidi’ al “Tiranno“, Domenico mostro’ subito la sua lentezza ,e non riusciva a completare la frase. Nel frattempo il Girimonte restando seduto al suo posto ,si rese conto delle difficolta’ di Domenico , lo chiamo’ ,e lo fece avvicinare a due passi da lui. Si era fatto fare da qualche falegname una riga lunga almeno 50cm a forma di cucchiaia ,e la conservava gelosamente nel tiretto. La tiro’ fuori ,e ordino’ al povero Domenico di stendere la manina.Tremava gia’.Sferro’ il primo colpo, ma con sua grande sorpresa Domenico mostrando dei buoni riflessi ,riusci’ a ritirarla . La cosa si ripete’ tre -quattro volte. Nel frattempo noi altri alunni rimasti ammutoliti fino a quel momento, scoppiammo tutti a ridere nel constatare che il Domenico stava facendo fesso il Girimonte. Ad un tratto scattando in piedi ci ordino’ di passare in fila uno per uno davanti a fianco a lui con ciascuno la mano aperta. Il “cattivo“ , punto nell’orgoglio ,per rifarsi e vendicarsi per le nostre risate,decise di punirci tutti. Ci riusci’! Non ridevamo piu’. Nel vedere il compagno che ci precedeva stroffinarsi la manina dal dolore ,quasi c’é la facevamo addosso. Lo raccontai a mia mamma. mi guardo’ la manina ancora rossa per il forte colpo ricevuto.Si fece seria. Tiro’ un respiro. Ma non ebbe il coraggio di inveire al Girimonte. A quei tempi i il Prete, i professori erano considerati persone colte, e quello che facevano era considerato nel loro pensare “GIUSTO“. Ma son sicuro che mia mamma senti’ il suo cuore battere forte nel vedere la mia manina arrossata. Come quando lo zio Antonio una sera di dicembre, accecato per avergli mostrato “CERA“,- mancato di rispetto – secondo lui,con i cugini Luigi (Max) e Totonno Fazio, ci corse dietro finché stretti nella vinella Di Brigadieri, e potendone afferrare solo uno, prese me. Forse il piu’ lento, il piu’ timoroso. Quello che non si avrebbe mai aspettato cosa sarebbe successo dopo. Afferratomi e tenendomi stretto come un leone afferra la sua inerte preda , la stringe in modo tale di renderla impotente fino al punto di farne della mal capitata un solo boccone. Incomincio’ con il primo ceffone diretto al naso. Mi accorsi d’insanguinare. Per fortuna il tragitto fino a casa era breve. Cercavo di liberarmi , ma era praticamente impossibile, preso com’ero nelle sue grinfie. Piangevo , gridavo ,chiamavo la mamma . Era buio. Nessuno dei vicini si accorse dell’accaduto. Ma anche volendo , chi si sarebbe permesso ad intervenire! :“É LO ZIO!“Si sarebbero detti!! Arrivati a casa. I miei pianti fecero soccorrere la mamma e qualche vicina. Vedendola riusci’ a svincolarmi, e mi buttai addosso a lei. :“Chiamero’ i carabinieri !`, Lo faro’ arrestare!!` dissi gridando. Lo zio cerco’ di spiegare qualcosa alla mamma e ci lascio’. Anche qui’ , presa per il rispetto “dello zio“, non fiato’, cerco’ di lavarmi il sangue dal viso con un bacile mezzo pieno d’acqua che la sorella Luisa ,anche lei terrorizzata aveva appena preparato ,mentre Isabella piccolissima, appena svegliata dalle mie grida, piangeva anche lei !. La mamma mi teneva stretto ,stretto nelle sue braccia ,quasi per diffendermi da quel “cattivo di prima ”che era mio zio.Stremato dai pianti , senza accorgermene ,mi addormentai tra le sue braccia . Il giorno dopo , andando a trovare le zie Rosinella e Franceschina , ferito com’ero ,volevo cercare un po’ di conforto, chi meglio di loro , a parte la mamma avrebbero potuto darmelo. Feci lo stesso tragitto della sera precedente ,e con sorpresa notai macchie di sangue per terra che mi erano colate dal naso dopo quel forte ceffone ricevuto. Seguendole, mi ricondussero esattamente la’ dove ero stato afferrato dallo zio la sera prima!! Ho rivisto mio zio dopo 15 anni ,andai a trovarlo nel lontano 1973 in California. Lo abbracciai, non l’ho mai odiato malgrado tutto quello che era successo tra di noi! Era il fratello minore di mio padre!!! Non l’ho rivisto piu’ d’allora. Era molto malato ed é deceduto qualche anno fa’. Tornato al presente commentammo l’accaduto delle ”rigate” di Girimonte. Toninno Prete , che aveva seguito il racconto, con il suo umorismo di sempre ci fa:“ Peppi, Dome’..’ fatemi vedere la mano , é ancora rossa ??!!“ Ridemmo tutti. A parte gli scherzi ragazzi dissi io`:“ Non crediate che quella fosse veramente violenza ?. Quale maestra o maestro ,si assumerebbe oggi queste responsabilita’? Adesso guai a toccarli, farebbero precipitare i genitori a scuola con tanto di denuncia!! , Non é cosi’ cugina Teresa??“ Un altro che usava metodi “violenti“ era Don Raffaele,“ ci fa Luigi . ” Questo aveva la fortuna di avere la sua classe a fianco casa sua,accanto a quella terrazza che guarda verso il corso, esattamente dove di sotto tutt’ora ci sono i cassettoni dei rifiuti. Si era inventato una maniera che non era violenta materialmente, ma mortificante dal lato personale. Chi ,secondo lui non studiava , lo puniva mettendolo fuori seduto nella terrazza, con delle lunghe orecchie di cartone duro attaccate intorno alla fronte. Altra maniera che solo a quei tempi “loro i maestri“ ,si potevano permettere. Il povero malcapitato doveva sostare e subire gli sguardi dei passanti ,con risentimenti anche piscologici. Immaginate una mamma ,nel passare di la’ ,vedersi il proprio figlio umiliato e deriso in quel modo anche dai compagni , come si sarebbe sentita in cuor suo! ”Metodi mediovali, facemmo tutti unanimi! Nel frattempo non ci eravamo accorti che sostando in piena curva, intralcciavamo il traffico. Facemmo un corta camminata . Peppino Ferrarelli volle concludere il nostro incontro raccontandoci qualcosa sui tifosi napoletani. A proposito, la sua famiglia si era trasferita quando lui era ancora giovanissimo a Santa Severina. Da Laureato trovo’ lavoro a Napoli. Si sposo’ con una napoletana e adesso vive nella citta’ del Vesuvio.. “Ricordate,incomincio’ cosi’,I tempi di Maradona la rivalita’ che c’era tra i napoletani e i milanisti?,Durante una partita che il NAPOLI stava vincendo al San Paolo contro il MILAN, prima della conclusione tutti in coro gli ultra napoletani intonavano verso gli ammutoliti TIFOSI MILANISTI cosi’ :“ U PGLIASTI IN GULLIT E MANCU VA BASTEN!!“Ripetuto piu’ volte. Roba da stadio, gli dissi, ma almeno senza violenza!! Ci facemmo tutti una grossa risata. Ci salutammo ,e ciascuno prosegui’ verso la propria dimora. Tornai con mia moglie a casa. Prima di addormentarmi, pensavo ancora a quel raro incontro , a quella classe del 48 ,che senza volerlo si era data appuntamento sotto un cielo stellato di un mese d’agosto!! Continua
2 commenti | NARRATORIA | Permalink Pubblicato da castel48 Capitolo Ventiduesimo. novembre 20, 2009 Nei miei racconti d’infanzia scritti nel Falbocast.it i riferimenti a familiari piu’ stretti e amici, sono stati necessari tanto quanto lo sono in questo mio “RITORNO A CASA“ a Castelsilano che sto per completare. Senza di loro ogni mio racconto sarebbe stato come un corpo senza anima. Avendo condiviso con me momenti belli e meno belli, hanno contribuito arricchendone la storia.Cerco di ricordarne qualcuno dando la priorita’ a chi non c’é piu’. Maria Isabella Rotella la vedavamo quasi tutti i giorni, quando per andare dai parenti ,passavamo da casa sua , in quella curva soprannominata “Del canale. “Ci salutava sempre. Dal suo viso esile e triste ,ne usciva quasi sempre un sorriso. Vestita con eterno nero che l’affliggeva fisicamente facendone risaltare quei suoi occhi cupi e rossi . Rossi di pianto per aver perso il marito Umberto, ma soprattutto il suo figlio Rosario! Rosario ci lascio’ in giovanissima eta’ .Colpito da un male incurabile. Era della mia classe. Insieme abbiamo diviso momenti di aggregazione ,di giochi infantili, favoriti dalla vicinanza di casa. Lui studente a Santa Severina, io nei Preti. Ci vedavamo a fine anno scolastico. Da grandicelli ,ci univa la passione del calcio. Spesso era nella mia stessa squadra. Un centravanti ,buon colpitore di testa, perché dotato di una discreta altezza. Il destino atroce non gli permise di godersi la vita che avrebbe meritato, e di calciare un pallone nei campetti della Fossa-Arena, Cerenzia e Palla-Palla. Alla distanza di anni dalla scomparsa del suo caro figlio,Maria Isabella ,va e viene ancora dal cimitero. Capitava a noi di vederla quando con mia moglie andavamo a far visita ai nostri cari papa’ e ai parenti cari tutti. Con il suo scialle nero in testa, amorosamente operava intorno alla tomba di Rosario. Ne aggiustava ripetutamente i fiori. Ne girava la terra. Poi con un bidoncino andava ad attingere acqua alla fontana li’ accanto, e ne lavava con tanta cura la grande lapide. Una volta arrivata allo foto del figlio ,si ci fermava qualche attimo, e con le dita ne accarezzava il viso. Gesto che ripeteva piu’ di una volta. Non era la sola. altre mamme ,altri padri ripetevano quasi tutti i giorni le stesse visite ,gli stessi gesti d’amore e di affetto verso i loro cari giovani defunti. Antonio Saverio Durante ,da piccolino veniva spesso dalla nonna che abitava difronte casa mia, a quella casa che apparteneva alla “Pugliane“.Talmente eravamo affiatati, che ci chiamavamo “Compari“,una forma e maniera per sentirci gia’ ADULTI . Giocavamo sempre in quella “cunetta“. Qualche volta alle stacce, altre volte ,qualcuno comprandoci del potassio, scavavamo una piccola buca e riempita d’acqua , prendevamo un barattolo di conserva con appositi buchi, e da lontano con una lunga carta accesa ci accostavamo la fiamma …e bhum..bhum , il barattolo saltava in aria. La nostra gioia era di vederlo piu’ alto possibile. Un gioco pericoloso , che qualche volta a qualcuno per la cattiva diviazione del barattolo, gli costava un sopraciglio rotto!. Antonio due anni fa’ volle comprare la nostra casa. :“L’ho abbiamo fatto per far si che un giorno gli altri nostri figli ritornando a Castelsilano avessero un tetto dove abitare ,quando ,a loro piacimento sentono il desiderio di andare a trovare al cimitero il loro fratello Andrea.“ Cosi’ si espresse la “comari “ Rosalia quando andammo a visitare la loro e la nostra ex-casa.Parole toccanti. I compari persero il figlio Andrea in un tragico incidente non ancora quattordicenne.Scriveva poesie. Era dotato di un senso poetico. Incontrai anche loro al cimitero. Entrambi ne curavano i fiori, ne lavavano la grande e immensa lapide, ne guardavano interrottamente le due foto. Una con accanto un angelo con lo sguardo sempre diretto alla foto , l’altra a mezzo busto con un fiore giallo a fianco.Andrea é stato sistemato in una grande tomba a forma di altare. Grande quanto l’amore verso di lui dei suoi genitori. Un ricordo va anche ad un bambino morto piccolissimo ,nipotino di Chicchinella Astorino , un’intima mia amica e di mia sorella Luisa . Quella stessa sera incontrai suo figlio con la moglie che erano venuti a far visita al loro angioletto. Non conoscendo il papa’ ,fu lui a domandarmi chi fossi. ;“Sei Peppino Fazio, quello che scrive su Falbo cast. ? “,Gli dissi di si. Facemmo conoscenza. Con gesto della mano indico’ dove era sepolto il suo bambino, una cappella familiare abbastanza grande. Potrei citare altri casi, ma mi e vi risparmio quello strazio che si prova quando un’essere caro ci lascia. Appena ieri 19 Novembre a Milano sono stati celebrati i funerali di un mio intimo amico d’infanzia ,fattosi prete nella San Paolo; Don Giuseppe Soro. Stroncato a soli 63 anni da un infarto. Lo ricordo quando da piccoli salterellavamo in quel cortile,senza mai stancarci. Un sardo verace che con la sua amicizia ha riempito di gioia molti dei miei giorni nel Seminario. Mentre ora alla notizia della sua prematura scomparsa, ha lasciato un vuoto dentro di me.!! Continua. 2 commenti | NARRATORIA | Permalink Pubblicato da castel48 Capitolo Ventunesimo novembre 17, 2009 Una mattina ci accompagno’ a San Giovanni in Fiore la cugina Maria Luisa.c’era anche Teresa. Mentre loro se ne sarebbero andate per i loro affari, Le chiesi di lasciarci ai Capuccini. :“Vogliamo fare un giro dentro San Giovanni a piedi, prima di partire.“’ le dissi. E se ne andarono. Era una delle solite mattine soleggiate. Non poteva essere altrimenti. Tutte le nostre vacanze , a parte un paio di volte di qualche pioggerella dispersa, sono state soleggiate. Non é che conoscessimo San Giovanni in ogni suo angolo, ma almeno io per averci fatto quasi due anni di Magistrale ,ne avevo una piccola conoscenza, e anche dei bei ricordi. Era grande la voglia di ritornare nei posti dove da studente ,con alcuni miei compagni di scuola, ci recavamo quando marinavamo la scuola. Incominciammo dai Capuccini. Salimmo verso il Bacile. Un po’ piu’ sopra ‘ si faceva ogni anno verso il 24-25 agosto la famosa fiera degli animali. Adesso ci hanno costruito ,trasformando quella zona in abitazioni fioriscenti. Arrivammo a Piazza Aldo Moro dove fu eretto nel lontano 1997 dalla regione Calabria per ricordare i novant’anni della tragedia di MONONGAH ,UNO STELE CON UN PICCONE INCASTRATO IN UN BLOCCO DI PIETRA, PER RICORDARE i 30 MINATORI SANGIOVANNESI PERITI IN QUELLA IMMANE TRAGEDIA. Ci tenevo a visitare e ammirare quello Stele. Conoscevo gia’ la storia degli oltre 400 minatori italiani, tra i quali i 30 Sangiovannesi che rimasero sepolti nelle miniere del West- Virginia. Un mio amico Paolino, LUIGI ROSSI entrato nella San Paolo come me, nel centenario che si celebro’ nel dicempbre del 2007 ne scrisse un libro , ricostruendone un po’ la storia intitolato appunto“MONONGAH“. Fu aiutato fornendoci molti appunti dell’epoca che si possono trovare tutt’ora negli archivi di NewYork ,da un’altro ex della San Paolo:Antonio Bonelli. Ho letto il libro che Luigi mi spedi’ l’anno scorso direttamente dalla Germania, dove é emigrato da moltissimi anni. Insegna letteratura e scrive romanzi…di storie veramente accadute. Luigi inizia il suo racconto appunto da San Giovanni, dove nel lontano 1905 alcune famiglie Sangiovannesi lasciarono il loro caro paesello per andare a lavorare e cercare nuove fortune in America nelle miniere del West-Virginia. Ne descrive dei partenti le angoscie, le paure, lo stato precario e in molti di loro l’anafalbetismo, il distacco atroce dai loro cari che rimanevano a costudire quel poco che avevano, qualche capra, una capanna e un orticello. Allora nel lasciare quei luoghi cari, era come non rivedersi piu’ con le loro mamme ,padri anziani. Ne sa qualcosa Chi come me ha dovuto subire ,anche se in epoca differente ,il distacco, e il dispiacere della partenza !!’Troppo lontana quell’ AMERICA MALEDETTA per poterne sperare il ritorno un giorno anche se lontanissimo. I vari BASILE ,BELCASTRO, GALLO, BITONTI E TANTISSIMI ALTRI, saliti su un carro trainato da due possenti buoi ,si lasciarono alle spalle per sempre quei luoghi e quello che fu a loro molto caro. Un po’ piu’ sopra del mulino di Belsito, difronte al tabacchino di Tonino,ho rivisto la vecchia casa dove feci il Magistrale..Rimasta tale e quale, lo guardai dal basso in alto. Il vecchio portone era ancora la’.Immaginavo di vedermi intorno a dei compagni, i libri sotto il braccio legati da un forte elastico,aspettavamo che suonasse la campanella. Compare Domenico Spina, Vincenzo De Marco ,Franco Congi, compagni di Classe. Qualcuno mormorava ,altri sbadigliavano .:“Oggi ci saranno interrogazioni in filosofia, Siete preparati?!!“Diceva De Marco!! .,“Ma chi se ne importa..,“Rispose Congi,“ l’anno é ancora lungo, ci rifaremo“. Mentre Luigi Lammirati, detto “U LUANGU“ si presentava solo quando si sentiva che avrebbe passato indenne l’interrogazione.. Cosi’ pensavo ,e rivedendomi in mezzo a loro , mi assaliva una forte nostalgia. Ricordo che per risparmiare sull’abbonamento, finita la scuola per le 12, ci avviavamo a piedi fino a Palla -Palla, con la speranza che qualche compaesano passasse e ci desse un passaggio fino al paese. Il mio compagno d’ auto-stop, era Vincenzo De Marco. Quasi tutte le volte ci prendeva Gaetano Cortese che essendo insegnante ,finita la scuola ne portava anche sua sorella Caterina a casa. Scendendo Via Roma, quel famoso corso che quando c’é traffico é un miracolo attraversarlo! Era cosi’ anche ai miei tempi. Addirittura allora era a due sensi. Adesso con senso unico si va un po’ meglio.Arrivammo alla CROCE DELLA COSTA, ` Una croce ,piantata su un blocco di pietra, ricorda qualcosa. Entrammo nella piccola chiesa,mia moglie volle accendere qualche candela. Ciascuno di noi fece la sua preghiera rivolti a quel grande quadro raffigurante una Madonna antica.Scattai qualche foto. Uscimmo per continuare verso piu’ sotto. Alzando gli occhi in lontananza vidi in uno solo sguardo i tre ponti, costruiti in epoche diverse. I ponti collegano una parte di San Giovanni con Palla-Palla.In bassso il piu’ piccolo detto il nonno, piu’ in alto un’altro fatto nel 1965-66,in occasione della variante, detto il padre e l’altro il piu’ immenso, che si regge ed é sorretto da altissimi pilastri ed archi denominato il `nipote!! Tre generazioni di ponti!! Il progresso era arrivato anche la’! Arrivati al ponte dell’“OLIVARO`, lo volli attrversare a piedi e guardarne la sua profondita’. Un piccolo ruscello d’acqua gli scorre sotto.`-Sara’ di piu’ di cent’anni questo ponte. – Dissi a mia moglie.-“Una volta tutti passavano di qua’ ,anche gli animali. Ci passo’ pure il carro trainato dai due buoi, carico stracolmo di Sangivanneni che lasciavano quei posti per le lontane americhe!“ Risalimmo e rifacemmo quasi lo stesso percorso.Mi ricordavo, ma anche perché per agevolare qualche turista, il comune aveva pensato bene di mettere alcuni cartelli indicatori. Attraversammo quei vicoli dove nessuna macchina era mai circolata di la’, troppo strette quelle “Vinelle“, quasi fatte a posta per gli asini e i muli. Le case di vecchia costruzione ancora resistenti al logorio dei tempi con le loro piccole scalette, erano la’ a testimoniare la loro durabilita’. . Passammo pure di la’ dove una volta c’éra il negozio di dischi , difronte invece c’era una Banca. Tutto era scomparso. Quei locali chiusi davano l’impressione di trovarmi in un rione abbandonato, con dei cassonetti stracolmi di rifiuti e tutto lo splendore di allora, era solo un ricordo. Guardai mia moglie, anche lei incredula, le dissi che San Giovanni si era sviluppata verso il Dinos, I maggiori commerci erano spostati la’ sopra. Quel settore che una volta era un centro commerciale, con botteghe ,compresa la calzoleria dello zio Domenico Cortese ,adesso é solo una strada di transito! Lasciammo quel luogo con un po’ con tristezza. Attraversando altre “vinelle“ ,arrivammo in Piazza. Era popolata. Con i commerci che la circondano ,non poteva essere altrimenti. La chiesa con tutto il suo splendore ingigantiva quella piazza. Dire che é l’orgoglio dei Sangiovannesi.. é poco. Non resistemmo alla tentazione di entrare nella chiesa di Geoacchino da Fiore . Troppo bella. Valori inestimabili sono la’ da secoli, pieni di storia. Ne ammirammo tutte le sue bellezze. Era quasi mezzoggiorno, stanchi si ..molto ,ma soddisfatti per avermi tolto quella grande soddisfazione di aver visitato in parte il paese che dopo Castelsilano per molteplici motivi ci sta molto a cuore. Chiamammo la cognata, dicendole che non eravamo lontani,ci aspettava con ansia :“Cala a pasta Mari’ ,Arriviamo!!. Dopo quel lungo camminare, la fame si sentiva e come!! Continua. Leave a Comment » | NARRATORIA | Permalink Pubblicato da castel48 Capitolo Ventesimo novembre 13, 2009 I parenti “Sciuali“ Antonio, Ciccio ,Luigi (Max) e Rosetta De Pasquale con il suo caro marito Giovanni Aiello si stavano quasi ribellando perché ancora non riuscivamo ad accontentarli ad andare a casa loro per una piccola cena. . Li avevo visti tutti naturalmente, anche a Domenico il piu’ grande. Lo vidi per la prima volta una mattina quando io e mia moglie eravamo di ritorno dalla solita camminata in campagna. Dovetti avvicinarmi quasi ad un passo per permettergli di riconoscermi. Domenico purtroppo sofre da molti anni di diabete, e con il tempo la sua vista ne risente fortemente. Ci accostammo e lo abbracciammo, come facevamo con tutti. Essendo vicino casa sua, sua moglie Sabellina Spina, sorella del compare Domenico ci venne incontro e salutammo anche lei. C’invito’ ad entrare e ci ofri’ un caffe’. Parlammo un po’ di tutto . Domenico ormai da moltissimo tempo in pensione, é stato un grande lavoratore per la famiglia De Pasquale. Ha passato moltissimo della sua giuoventu’ seminando grano e far la raccolta. Manualmente nei primi tempi, ma poi con macchinari moderni , fece una spacie di associazione con l’altro cugino Macchione Francesco. Fu un grande aiuto per lo zio Peppino. Zia Caterina era fiera di lui. Adesso passa il suo tempo con amici, e va spesso al Bivio a guardare gli altri nostri compaesani giocare a bocce. Negli ultimi tempi per piccole e vecchie lane , i rapporti non erano tanto buoni trra fratelli e sorella. Oddio ,si parlano quasi tutti, ma alcune volte le relazioni si sono uffuscate. Anche ai tempi della zia Caterina che cercava di mettere armonia e pace nei quattro figli, ma non sempre riuscendoci . Con zia Caterina . sorella di mio padre e con lo zio Peppino c’era un legame strettissimo che andava oltre alla parentela . Tutto questo venne “ereditato“`,se cosi’ si puo’ dire , da noi altri cugini. Cresciuti insieme ,non poteva essere diversamente. La stessissima cosa che accadde con le care cugine “chichirotte“. Nel frattempo erano scesi da Milano Paola con Vince Fazio il Montrealese figlio del cugino Ciccio Fazio, Volevavano trascorrere alcuni giorni di riposo ,soprattutto Paola che ne reclamava anche su Facebook un meritato riposo ,lontani dal caos della citta’ Milanese. Alloggiarono alla“RRAGULA“ dove alcuni anni fa’ aprirono una specie di villaggio; L’Agro-turismo. Ma Vince , come si trova a Milano..vi domanderete? Con un po’ di disappunto da parte dei suoi genitori ,volle provare una specie di avventura. Stimolato anche dalla visita di Paola nel Natale 2008 qui a Montreal, decise di trasferirsi a Milano, ospitato dal cugino Antonio, padre di Paola. Come tutti sappiamo, tutto il mondo é paese, e le difficolta’ si trovano ovunque. Ma dalle ultime notizie ricevute, Vince ben presto incominciera’ a lavorare, padrone di tre lingue e di ottima cultura , trovera’ la giusta occupazione che si merita. Trovandosi a Castelsilano dicevo, Lina ed io pensammo di invitarli a casa nostra di Via Garibaldi. Vennero qualche giorno prima che facessero ritorno a Milano. Passammo un paio d’ore insieme. Parlammo del cugino Antonio, anzi ci parlai anche al cellulare. Nell’ ospitare i nipoti , provai una grande soddisfazione. La loro presenza mi fece sentire vicino i loro genitori sembrava che anche loro fossero seduti con noi allo stesso tavolo. Rosetta approfitto’ per invitarci della presenza dei novelli sposi ,sua figlia Caterina infatti si era appena sposata qualche mese prima, ed era nel paese con il marito Ivan, un bolognese . Fu di giorno , era abbastanza umido, infatti poco dopo il pranzo ,si mise a piovere. Acqua benedetta..dicevano! Con il calore di quel periodo ,cascava a pennello. C’era a farci compagnia anche Luigi ,con il suo giovanotto Luca, un grande e alto ragazzotto avuto con la seconda moglie Monica, rimasta a Milano . Rosetta ,aiutata dall’altra figlia Teresa, ragazza molta attiva e tutto fare, ci preparo’ un leggero e ottimo pranzo. Il tutto Innaffiato dall’ottimo vino che Giovanni con orgoglio pose in apposite bottiglie sul tavolo’. Dopo le consuete foto di circostanza lasciammo i cugini. Venne la volta di Antonio, con Mena. Anche qui passammo un’ottima serata. Antonio si rammaricava che non poteva fare molto di piu’. Lo tranquillizzai dicendogli che con il suo cuore grande ,aveva fatto piu’ di quanto meritassimo. A fine cena Mena ci fece vedere dei grandi bicchieri, disegnati, con bottiglia e caraffa. :“É il regalo della zia Caterina, tua mamma che ci fece tantissimi anni fa’ al nostro matrimonio Peppi!!“ Mi fa’! . Un’altro pezzo del passato che mi riconduceva e mi faceva ricordare i miei cari. :“Bellissimo rispose mia moglie.“ E afferro’ uno dei bicchieri ,portandoselo quasi al petto. Troppo evidente era quel gesto di mia moglie. Il pensiero volo’ a mia mamma, lo facemmo anche quando la cugina Teresa ,ci mostro’ alcuni nostri cari oggetti lasciati nella vecchia casa , “salvati“ appena venduta . Alcune tazzzine di caffe’ , un crocifisso, dei piatti e altro. Avrei voluto riprendermeli e portarmeli con me in Canada!! Ma come avrei fatto… con quale coraggio!! Privare le cugine di quei carissimi ricordi era come strappare dal loro cuore un pezzo d’amore che notrivano per mia mamma! Sono rimasti la’! Certamente in buonissime mani. E lo zio Giuseppe, zia Maria ,Angela, Raffaele, Pasqualino e consorte e le bellissime nipotine che ci fecero trovare attaccato alla porta di casa un foglio con scitto sopra un “BENVENUTI“con dei pupazzetti disegnati , li avevavo scordati?. Certamente no!!’ . Anche per loro venne il giorno. Angela invito’ pure i cognati Maria ,Antonio e i nipoti Giovanni e Marianna.Gran parte della famiglia Martino era tutta riunita in un solo luogo ,e in un solo giorno! . Cose troppo belle che dovrebbero accadere piu’ spesso!! Ma cosa si puo’ fare.. a causa della lontananza ci dobbiamo accontentare per quel poco che le occasioni ci concedono. Il cugino Ciccio De Pasquale,con Serina furono gli ultimi in ordine di tempo che ci ospitarono. Claudia la loro figlia ci tenne molto che passassimo qualche oretta con lei e i suoi genitori. Non poteva mancare Luigi con suo figlio Luca. Tutto ok per quanto riguardava la cena. Tra una foto e l’altra Claudia ebbe un’ottima idea. Prese l’album fotografico del matrimonio dei suoi genitori. Un gran bel libro, conservato magnificamente con moltissime foto. Tornato dalla San Paolo per le ferie in quel mese di agosto di piu’ 46 anni fa’ ,mi trovai anchio al paese e ci partecipai. Mi riconobbi in una posa di gruppo davanti alla porta della chiesa. Vidi moltissimi dei nostri parenti ,giovani a quei tempi ,ma purtroppo ora non ci sono piu’! La cugina Claudia leggendo quasi il mio pensiero, mi fece una sorpresa qualche settimana fa’, mi ha spedito via computer due foto del matrimonio ,dove sono presente anch’io!. Mentre tutti erano intenti a parlare ,d’un tratto mi ricordai qualcosa che riguardava il cugino Ciccio. Doveva essere un’anno prima del matrimonio, non ne sono sicuro. Speziale mi stava accompagnando a Crotone dove avrei preso la sera stessa il treno che mi avrebbe poi riportato a Roma nella San Paolo. Le mie ferie purtroppo erano finite. Arrivati alla curva delle Castagnelle ,vidi Ciccio che si stava avviando a piedi verso casa. Fin qua’ tutto normale. Ma girando ancora lo sguardo verso il Vallone dalla parte del ponte ,vidi ,e rabbrividi’ all’istante, un trattore capovolto. Sebbene giovane , capii subito che qualcosa era appena successo. Passata la curva della Cava del Briccio, non vidi piu’ niente. Feci ritorno a Roma con un brutto pensiero. Ma cosa sara’ mai successo al cugino? Allora ,non essendoci tutta la tecnologia di oggi, dovetti prima scrivere alla mamma domandarle il perché di quel trattore capovolto .Due settimane dopo ricevetti la risposta da mia madre ,mi spiego’ in poche parole , mi diceva di star tranquillo perché il cugino ,quando si accorse che la parte del rimorchio del trattore stava perdendo terreno, e stava capovolgendosi fece in tempo a saltare. . Mi tranqullizzai.Tornando alla serata, tutto ando’ bene. La nostra gioia nel vederci insieme era troppo grande. Per il bene che ancora ci vogliamo dobbiamo ringraziare i nostri genitori che ci hanno insegnato ad amarci e a rispettarci .. Noi non li dimenticheremo mai! Continua Leave a Comment » | NARRATORIA | Permalink Pubblicato da castel48 Capitolo Diciannovesimo novembre 12, 2009 Crotone la conoscevamo gia’,ma ci eravamo andati sempre con fretta senza poterla visitare a dovere, oppure da piccolissimo quando nel lontano gennaio del 1961 ci andai per la prima volta in vita mia. Fu mio padre che mi ci accompagno’ per subire l’asportazione delle tonsille. Era una mattina con foschia ,umida e regnava un buio pesto. Prendemmo un postale di Romano alle 5 del mattino davanti al vecchio botteghino che ci avrebbe portati solo a Cerenzia..Ma per continuare per Crotone , si doveva aspettare la coincidenza di un’altra corriera, proveniente da San Giovanni in Fiore perché non erano previste soste in Castelsilano . Portavo ,oltre al solito basco anche una lunga scialpa, mia mamma non mi aveva raccomandato altro:- Peppi’ tienila sempre con te legata al collo!, Fa troppo freddo ..e stai accanto a tuo padre.“ C’era abbastanza gente che come noi aspettava per proseguire per Crotone. Ricordo una su tutte.Un nostro compaesano,anche nostro parente , si trattava di Peppino Martino.Ci conoscevamo benissimo. Abitava con i genitori proprio a fianco a noi nella Casa del Corso.Lo ricordo alto e magro,con baffetti alla D’Alema. Parlava e i presenti con rispetto e attenzione lo ascoltavano. Io non capivo molto. Stavo quasi incollato a mio padre, sentivo freddo,e la corriera tardava a venire. Peppino parlava un’ottimo italiano. Ricordo solamente che con voce commossa disse:“ Ho appena ascoltato per radio che il grande Fausto Coppi É MORTO in seguito ad un suo viaggio in Africa, contaggiato dalla malaria ,non c’é l’ha fatta!!“ Non sapevo onestamente chi fosse Fausto Coppi, a quei tempi , almeno per me , senza televisione ,radio ,e nessun mezzo d’informazione ,essere al corrente delle cose , era un privilegio di pochi. Anni dopo leggendo seppi chi fosse realmente Fausto Coppi.. Ho rivisto Peppino Martino quest’estate a Castelsilano. Andai a trovarlo a casa dei suoi vecchi genitori, dove trascorreva alcuni mesi nella calma del nostro paese. Quella casa in Via Corso Vittorio E. ,proprio a fianco a quella che fu per la mia famiglia per oltre 50 anni la “NOSTRA CASA “ Lo trovai piegato su se stesso in un letto.Un grave male ne aveva immobilizzato gran parte del suo corpo. Nel trovarlo in quello stato ,mi rattristai molto. Carmelina sua moglie,e sua figlia Rosella stavano li con me , le guardai come per domandare loro cosa fosse successo a Peppino. Gli strinsi la mano, e lui alzando un po’ il capo , accenno’ ad uno sguardo, ma poi si ripiego’ su stesso per riprendere la posizione di prima. Mi rispose pero’ al saluto,e con voce esile, ordino’ a Carmelina di farmi un caffe’!! Non lo vedro’ mai piu’ Peppino Martino,lo sportivo per eccellenza, il tifoso del Grande Toro che ne raccontava ai suoi amici le grandi gesta e le imprese calcistiche, completate dalla triste sciagura di Superga!!.Peppino ci ha lasciati qualche settimana fa’.Ho voluto ricordarlo per il bene reciproco e per il rispetto che sempre ha portato alla mia famiglia.!! Finalmente la corriera arrivo’. Salimmo tutti e prendemmo posto.Dopo una quarantina di minuti arrivammo a Crotone,nel frattempo incominciava timidamente a far giorno, e non c’era la foschia di Cerenzia e di Castelsilano .Seduto dalla parte del finestrino,con occhi sbalancati guardavo tutto quanto mi capitava davanti agli occhi.I palazzi e le strade molto piu’ larghe delle nostre.Tutto mi appariva differente. Gente affollata davanti ad una capanna, aspettava l’autobus per recarsi al lavoro, era tutto un’altro mondo per me. Poi in lontananza vedendo una lunga striscia azzurra che si confondeva con il cielo. .e non sapendo cosa fosse, guardai mio padre che era alquanto pensieroso, al quale non interessava quanto me a“scoprire “il paesaggio. E con il dito diretto verso quell’azzurro gli chiesi :“Cos’é quella cosa la’??- “Il mare.“ Rispose . Quasi mi vergognai. Eppure su qualche testo di scuola il mare doveva pur esserci stampato e fotografato.!! L’operazione delle tonsille ando’ bene.Tornai a casa. Stetti una settimana nel letto. Vennero gli amici a trovarmi. Nel frattempo mio padre passando da una barracca piena di giornali, mi volle comprare un paio di Ìntrepidi“,con Pecos Bill in prima pagina. Li avevo li’ sulla colonnetta. Si erano gia’ fatti vecchi a furia di guardarne i disegni. Li mostravo agli amici con orgoglio. :“Guardate cosa mi ha comprato mio padre!!“Mi erano troppo cari. Era la prima volta che in vita mia possedevo un’ INTREPIDO! La cugina Teresa quest’estate si prese l’impegno di portarci a Crotone, visitare per qualche minuto la sua casa, far qualche compera in una gioielleria della citta’ e poi portarci a Capo Colonna. Sapeva che non ci eravamo mai stai.Fu qualcosa che sia mia moglie che io apprezzammo immensamente. Apprendemmo un po’ della cultura greca, e fummo lieti di ammirare quella unica ,superba colonna ,consumata che era sopravvissuta nel tempo testimoniando la Civilta’ e la cultura del popolo di Crotone.Prendemmo un gelato e qualcosa di fresco, mentre io ne filmavo ogni angolo e ogni pietra che mi ricollegava a quella civilta’, e la chiesetta con l’immagine della Madonna, un monumento vivente pieno di storia. Lasciammo quel posto contentissimi. Non fini’ li’. Pietro che ci accompagnava in macchina volle completare la serata allungando verso Punta de le Castelle. Conoscevo solo per nome quei luoghi prima di quella sera. Un mio amico di Collegio di Roma della San Paolo ,essendo nativo di questo luogo, ne parlava sempre con orgoglio e passione. Ci disse pure che davanti al Castello, in quella spiaggia Pier Paolo Pasolini ci giro’ alcune scene del suo `Vangelo Secondo San Matteo“.Si ricordava che l’atrice a cui era affidato il ruolo della Madonna, lui la chiamava “Maronna“,si faceva fotografare in bichini!! L’occhio di un bambino alcune volte fa dei brutti scherzi, quando si é ancora ingenui. Pietro invece ,mentre ne osservavamo tutte la grandezza e la bellezza,mi diceva che Del Piero era stato la’ su quella spiaggia in vacanza!! WAHO feci . Scattai molte foto, mentre Lina si preoccupava a filmarne le bellezze. Ricordo ne scattammo alcune con sfondo anche il tramonto!! Quale spettacolo.Si stava facendo notte , il castello s’illumino’ come d’incanto aumentandone la sua bellezza. C’era un via vai di gente, quasi era impossibile non sfiorarsi.Facemmo il tutto a piedi. Ne ammiravamo le butique illuminatissime che esponevano i loro magnifici e costosi souvenirs. Ormai era fatto tardi ed era buio, un po’ stanchi ma soddisfatti ringraziai i cugini Teresa e Pietro per quel “regalo“ che ci avevano appena fatto nel portarci ad ammirare qualcosa di meraviglioso a noi sconosciuto prima di allora.Ci avviammo alla macchina. Teresa avviso’ con il cellulare Maria Luisa che stavavamo per far ritorno a casa. Arrivammo al paese dopo le nove, eravamo affamati…. devo ammetterlo. Ma ci penso’ Maria Luisa a rinforcellarci. Ci fece trovare dell’ottima pizza. Mangiammo contenti fuori , sotto un cielo quasi stellato. Era una delle tante calme serate di agosto che mia moglie ed io passavamo nel nostro caro paesello!! Continua.
Leave a Comment » | NARRATORIA | Permalink Pubblicato da castel48 Capitolo Diciottesimo novembre 10, 2009 Arrivati al 20 agosto piu’ della meta’ delle nostre vacanze erano gia’ alle nostre spalle.Sembrava che fosse incominciata gia’ la “discesa“; mi dava l’impressione che i giorni passassero inesorabilmente alla velocita’ del suono. Mia moglie ed io avvertivamo dentro di noi ,ma senza farcelo capire , che quel giovedi’ sera del 4 settembre fosse gia’ la’ dietro l’angolo. E cosi’ decidemmo di passarli con lo stesso entusiasmo come se fossero i primi giorni. Restavamo piu’ con i parenti. si andava piu’ spesso a San Giovanni in Fiore da sua mamma . Sembrava che anche i parenti tutti avvertissero e si rendessero conto che ben presto li avremmo lasciati. Incomincio’ la serie degl’inviti, scusate se li definisco cosi’. Le cugine Foglia, approfittando della presenza dei loro figli Rossella, Agostino e Maria a Castelsilano, vollero preparare un pranzo. Oltre alle pizze e alla carne arrostita consumata sotto il fico all’aria aperta e di notte in altre occasioni, vollero fare qualcosa piu’ completa insieme a tutti loro. La cugina Luisa Mazzei ,anche lei con l’occasione della presenza di Peppino con la sua famiglia al completo , con Rachelina e la simpatica figlioletta Viola ,ci volle portare a Cerenzia di sera per un’ottima pizza. Venne il turno della cugina Caterina Mazzei con Sabatino e i suoi cari figli, Giancarlo ed Antonio, guarda caso Juventini come me! Di Sabatino ne apprezzai molto il suo umorismo. Quella vena di raccontare le cose con semplicita’. La sua passione per gli animali, cani , colombi, e perché no anche qualche gatto. Mentre di Caterina ne notavo la voglia di parlare. Quel voler bene alla gente, senza manifestarlo ai quatto venti. Il suo attaccamento alla chiesa. Cresciuta ed educata dalla zia Carolina con ideali familiari e religiosi.Mancava Giuseppe ,anche lui inpedito da impegni di lavoro a non poter far parte della compagnia. Quella cucina , dove ci eravamo accomodati , mi ricordava molto i miei nonni materni. Era chiamata a quei tempi “U menzaniale“.Era abitato dalla zia Rosinella e da zio Vincenzo Foglia prima che comprassero la casa a fianco della Tubbiella . La scala che porta all’esterno é rimasta la stessa. Era li’ che zio Vincenzo mi metteva in ginocchio!! Ricordate?. Invece sotto zio Rosario aveva la stalla dove ci custodiva l’asina. Ricordo che non perdevo mai l’occasione di cavalcarla ,e quando andavo al rimboscamento a prenderlo ,era per me una grande gioia. Prima che fosse ereditata dallo zio ,quella casa a me molto cara , apparteneva ai nonni Gaetano e Maria Luisa. Insieme alle mie sorelle e tutte le altre cugine eravamo abituati a far loro visita . Ricordo che la sera della Vigilia di Natale andavamo tutti insieme a baciare la loro mano. Tradizione antica Natalizia ,ormai in disuso. Cose che i nostri figli al giorno d’oggi ,non se lo sognano nemmeno!! I tempi cambiano ..purtroppo! Un giorno avevo “avvistato“ una zona di funghi “mucciaruli“. Lo dissi alla nonna e lei ,che era maestra nel saperli preparare e conservarli per l’inverno,mi chiese se mi sarebbe piaciuto andare a raccoglierne un po’. :“cosi’ Peppi’ poi ti daro’ qualcosa. “ .Mi disse un giorno. `Presi un bel paniere e andai . Le portai quel paniere stracolmo, e mentre lo prese per conservarselo, dalle sue labra e da un viso gia’ marcato dalle rughe della vecchiaia, ne usci’ un sorriso smagliente . Prese 200 Lire e me le pose nelle manine. L’abbracciai.Ringraziandola di vero cuore. La cara nonna mori’ il 17 gennaio del 1962 ,quando ero gia’ a Roma in Seminario. Mentre nonno Gaetano visse piu’ vecchio, fino a 92 anni ,mori’ nel settembre del 67 quando mio padre ,mia sorella Luisa ed io eravamo in Canada. . Gran lavoratore, passo’ gli ultimi suoi anni in casa. Quasi immobilizzato, se ne stava sotto le coperte. le zie lo vegliavano sempre. Era amante delle cose freshe. Cosi’ ogni qualvolta che le cugine o la sorella Luisa gli portavano qualcosa di fresco, er solito dire:`É fresca e bella!! “ Frase che a noi tutti nipoti é rimasta come un suo dolce ricordo!! Luisa Marasco con l’arrivo di Maria sua figlia da Firenze ,volle anch’essa invitarci a cena. Con zio Peppino presente naturalmente. Sia Francesca che Maria aiutarono la cugina Luisa a preparare una gustosa cena à base di pesce.Parlammo anche del passato di Rachele che vive ad Hamilton e di Luigi che abita ad Empoli ,che purtroppo non era potuto scendere in Calabria. A zio Peppino gli ricordai quando da piccolo lo seguivo un po’ ovunque. Cavalcavamo il suo mulo senza sella…. con tutte le conseguenze da sopportarne il giorno dopo.Era quasi la fine dell’estate,quando portandomi una mattina alla Chiusa, aveva deciso di costruirsi alla Colla, sotto le case di Annibale e Speziale una capanna ,o se preferite “NU ZIMMUNE“per un paio di maiali. Abbatte’ un grande pino. Mentre con maestria e mestiere ne tagliava’ tutti i rami, io lo guardavo a distanza, badando a “Siggi“ il suo mulo .Quel mulo lo zio lo aveva comprato da un certo Schipani soprannominato appunto “Siggi“,da qui il nome al mulo. Lego’ il lungo tronco con forti catene alle cinghie della sella del mulo e tenendolo dalla capezza, gli ordino’ di avanzare. Il tutto sotto i miei occhi spalancati. Il posto da dove doveva far tirare il tronco non era pianeggiante. Quindi capirete la difficolta’ a cui lo zio sarebbe andato incontro. Ad un tratto il mulo fa un’impennata,il tronco fa tre -quattro giri su se stesso mettendosi in posizione obbliqua. Ho avuto una grande paura! Zio Peppino doveva tenere il mulo a bada, e stare nello stesso tempo attendo che il tronco non gli rovinasse sulle gambe, con conseguenze tragiche! .Ma come volle Iddio, la mulettiera era li ad un passo. Il mulo ,con la sua forza riusci’ a mantere l’equilibrio ,e per istinto si diresse verso la carreggiata. Lo zio che nel frattempo non aveva perso la calma , con la sua esperienza e il suo sangue freddo riusci’ a non far piu’ rotolare il tronco di pino. Alla vista di tutto cio’, sebbene fossi molto giovane ,capii la gravita’ della situazione e tirai un respiro di sollievo .Mi accostai allo zio quasi per congratularmi con lui.Mi diede una pacca sulle spalle ,come per dirmi ;“Ecco ,il peggio é passato, Tutto é a posto Nepu’!!“ E cosi’ dopo fattosi segare il pino in lunghe tavole, armato di martello e chiodi, Zio Peppino riusci’ a costruirsi il suo “ zimmune“ ,lo corservo’ fino a quando poi il Comune non decise che la zona per molteplici motivi doveva essere sgomberata da quelle capanne “ABUSIVE“!. Il proghesso , l’igiene pubblica lo richiedevano. Fu il turno in quei giorni anche del Compare Giovanni Falbo e la Comari Rita Congi. Luigi il caro cugino ,fondatore del sito Falbocast.it, era in ritardo. Poi per giunta vicino Salerno gli si ruppe la macchina e dovette fare il resto del tragitto in treno. Arrivo’ una sera, lo vidi in Via Palazzo ,mentre salutava i suoi parenti Chiarello. Ci abbracciammo. Lo ringraziai subito per quel regalo che mi fece pubblicando i miei racconti d’infanzia nel suo sito .Fu lui a darmi l’idea di farmi un Blog tutto mio ,dove avrei potuto scrivere tanto e quanto avrei voluto. E cosi’ feci ,come ormai tutti sapete.La Comari Rita preferi’ una domenica di giorno . Senza contradirla ,per l’una eravamo tutti riuniti a tavola, mancava Serafino, per motivi anche per lui di lavoro , incominciammo il pranzo. Fu bello stare insieme a loro.Inutile dirvi che tutto era stato preparato a puntino. Guardammo anche il Granpremio.Luigi ando’ via qualche giorno dopo. Il lavoro a Firenze ne reclamava la presenza. Continua.
Leave a Comment » | NARRATORIA | Permalink Pubblicato da castel48 Capitolo Diciassettesimo novembre 9, 2009 “Questa mattina dopo le 8.00 un uomo di 29 anni, Gianfranco Scalise, che era da solo a bordo di una Mercedes, ha perso la vita mentre risaliva la A14 verso nord, all’altezza di Acquaviva delle Fonti. Ancora da accertare le cause. L’automobile potrebbe essere uscita di strada. “. ERA UNA MALEDETTA DOMENICA DEL 17 AGOSTO 2003. Ecco quanto scriveva un giornale del tempo in merito alla sciagura stradale di Gianfranco Scalise. Sara’ pura coincidenza ma in questo mio 17.mo capitolo mi tocca di parlare di un grande nostro compaesano CHE SCOMPARVE TROPPO PREMATURAMENTE ,COME RIPORTATO SOPRA A CAUSA DI UN TRAGICO INCIDENTE. Il 17 Agosto di quest’anno, come del resto ogni anno da quando hanno inugurato la piazzetta ,é stata celebrata una Santa Messa alla memoria del caro scomparso. Essendo a Castelsilano non ho voluto mancare, e ho assistito a questa triste e dolorosa riccorrenza. La Villa ,come tutti sanno é situata in Via Colla. Ha una forma di un piano, per sottolineare la grande passione di Gianfranco per la musica. Quella sera verso le 18 una piccola folla di compaesani si era radunata nella piazzetta . Si notava la presenza della sua cara mamma ,ancora provata dal dolore, parenti stretti e semplici amici .Il parroco Don Ciccio affiancato da un’altro sacerdote ,un nostro compaesano, Don Lucente celebrarono la Santa Messa. La piazzetta era piena nella sua capicita’. Altra gente formava un cerchio intorno alla stessa. In un angolo un piccolo organo era suonato da un nostro compaesano, e una bellissima ragazza reggendo un flauto in mano partecipava con l’organo nelle varie canzoni religiose, e accompagnavano un piccolo coro formato da alcune donne . Tra loro notai la presenza delle mie due cugine ,Maria Luisa Foglia e Luisa Marasco. A loro anche era affidata la lettura di alcuni brani durante la Messa. I presenti partecipavano e seguivano la funzione con religiosa attenzione. Anchio conscio della triste ricorrenza filmavo i momenti piu’ significativi della cerimonia. Il coro accompagnato dall’organo e dal flauto di quella ragazza , mi trasportava melodicamente .L’occhio della camera si posava un po’ su tutti. La cugina Maria Campisi, la cugina Teresa Foglia,e su Maria Cortese, seduta perché impedita per il suo stato di salute di stare all’impiedi. Anche lei con la sua presenza voleva onorare la memoria del caro Gianfranco. Osservavo quell’ esili dita che si muovevano una dopo l’altra ,si alzavano da quei piccoli fori quel tanto per farne uscire quelle gradevoli note.Non si poteva scegliere musica piu’ soave per sottolinearne la triste ricorrenza. Quel flauto suonato con maestria dava un suono dolce ,ma triste allo stesso tempo. Quella ragazza, sebbene seduta dava la sensazione di essere alta, con un bel viso un po’ coperto da quei suoi lunghi capelli , e domandai chi fosse, e qualcuno mi bisbiglio’ all’orecchio:“É la ragazza di Gianfranco!! Ancora libera. “. Era rimasta troppo scioccata da quell’ orrenda perdita per sistemarsi con qualcun’altro. Bella di viso dicevo , fisicamente attraente, la filmavo con piacere . Per caso ne captai gli occhi. Occhi bellissimi color verde . Esprimevano tanta tristezza. il momento era troppo toccante per lei.Doveva suonare il suo flauto ,accompagnare il coro senza mostrare emozioni. Nell’omelia Don Ciccio ricordo’ ai presenti un po’ Gianfranco, le sue qualita’ e la sua vita stroncata cosi’ presto e tragicamente. Lasciai con mia moglie quella piazzetta con molta tristezza. Ho ancora nella mente e nelle orecchie quel suono di flauto, lo dico con purezza, e nessuna malizia, ho ancora davanti a me quei meravigliosi occhi verdi … La vita continua come si suol dire anche se la memoria non cancellera’ mai i nostri tristi ricordi …e Venne un’altro giorno. Dopo la solita passeggiata mattiniera in campagna ,decisi di farmi un giro per la Fossa Arena… Ma prima passai per salutare il cugino Macchione. Non era in casa. Lo trovai che chiaccherava con il professore Torchia davanti al cancelletto della Marunnella.Il professore era sempre entusiasta quando mi vedeva. :“Ecco il mio ex alunno Peppino. “. Buongiorno Professore! Lo salutai. Seduti al fresco si raccontavano i tempi passati.Una maniera per ammazzare il tempo e stare insieme.Nemmeno a farlo di proposito, mi accorsi che li di fronte ci abitava Francesco Candido. Non lo vedevo da tre- quattro anni ,da quando era venuto con la sua moglie a Montreal. Entrai in casa e gentilmente mi ofri’ un’ aperitivo. Parlammo un po’ e ci ricordammo a vicenda l’incontro di Montreal. Prima di lasciarlo, mi dono’ alcune sue opere di pittura , mentre suo padre, mi diede un paniere e due lunghe forchette di legno, il tutto fatto a mano e con arte. Doveva essere la mattinata degli incontri, quella mattina. Infatti Ciccio Cardamone ,che é solito passare il tempo anche con Torchia e il Macchione, mi chiamo’ e mi fece girare dalla parte di sotto dov’era la sua casa. Lo trovai un po’ zoppicante con il solito bastone a causa degli anni, ma non mi sembro’ tanto male. Ciccio Cardamone da giovane era molto amico con mio padre. Credo che stettero insieme in Svizzera e durante il rimboschimento erano stati colleghi di lavoro. Fu’ lui a parlarmi di mio padre. Tra di loro esisteva una vera amicizia. Persino sua figlia ora sposata con Jacky Prete, era amica con mia sorella Luisa. Oltre alla scuola dividevano ,sebbene un po’ lontane di casa le visite alle suore e qualche gioco da bambina. Lo ascoltavo attentamente. Le sue parole erano sentite. Probabilmente mentre raccontava anche lui ne avvertiva la mancanza senza manifestare quella nostalgia che assale ognuno di noi quando per un motivo o un’altro ,rievochiamo il passato. Ci eravamo soffermati davanti all’uscio di casa sua. Ad un tratto alza gli occhi e mi fa’:“Peppi’, vedi quella vite?, “E con la mano m’indico’ sul muro della sua casa una lunga vite , alta quasi incollata al muro e piegandosi verso il basso ,ne formava un semicerchio `:“Quella vite me la data tuo padre moltissimi anni fa’ ,la piantai qui’ a fianco ..e guarda che cosa ne uscito fuori!!“ Al momento non risposi. Guardai quella vite con piu’ interesse. Un freddo mi attraverso’ le spalle. Come d’incanto vidi nella mia mente la figura di mio padre con una “Barbatella“ in mano mentre la porgeva in mano a Ciccio!! :“Vedi quanto é grande Peppi’!“- É un bel ricordo ..non . vero?“Un ricordo per la vera amicia che c’era tra di noi.“`Ci siamo voluti veramente molto bene..!! Lo salutai abbracciandolo.Ero commosso. In quel momento mi sembrava di abbracciare mio padre. Diedi un’altro sguardo alla vite e presi la strada di casa. Camminando il ricordo di mio padre era molto piu’ vivo. Lo vedemo nella mente, e mi sembrava di averlo a fianco, come se mi stesse accompagnando verso casa. Era gia’ fatto mezzoggiorno e mia moglie aspettava per calare la pasta. Continua . Leave a Comment » | NARRATORIA | Permalink Pubblicato da castel48 Capitolo Sedicesimo novembre 6, 2009 Per poco non litagavamo con la cognata Maria.Niente di molto grave pero’.Vedendoci un po’ piu’ alla larga, si lamentava perché con loro ci stavavamo troppo poco. Una mattina ci telefono’ e con tono che sembrava piu’ una minaccia che un proposta , e diretta piu’ a me che alla sorella mi fa’:“Se per Ferragosto non state con noi…m’icavolero’….e di molto. “Scherzava naturalmente. Le promisi che saremmo rimasti con loro nei due ,tre giorni seguenti, compreso il ferragosto naturalmete. La mattina del 15 Agosto partimmo abbastanza presto.Venne il nipote Giovanni a prenderci. Mentre il cognato Antonio era gia’ in Sila fin dalle 5 del mattino!! Come mai direte.. Era partito prestissimo, altrimenti con il grande affollamento ,non avrebbe trovato il posto che piaceva di piu’ a lui !! . Arrivammo li verso le 9,30 . Il cognato oltre aver gia’ piazzato i tavoli ,stava accendendo un fuoco con dei rami secchi che aveva trovato li sul luogo. Non eravamo soli. La suocera purtroppo non volle venire. Ma con noi c’era il geometra Vincenzo Lamanna gia’ in pensione e la sua signora, Giovanna Marasco, figlia di “Chichintoni“e parente anche di mia moglie. Il posto era magnifico situato sotto l’ombra d’ immensi e secolari pini, e appena un po’ piu’ sotto un ruscello che ci garantiva acqua per tutti e ci faceva anche da frigorifero.Infatti il cognato aveva pensato bene d’immergerci la bevanda ,compreso il vino e un grosso melone d’acqua. Eravamo messi bene. Cominciammo a mangiare prestissimo. Dalla carne arrostita ai sotto aceto, preparati dalla cognata. Poi verso mezzoggiorno mia moglie Lina con Giovanna si prodigarono nella preparazione della cottura degli spaghetti. Mangiammo con appetito, anche perché stimolato dall’aria fine della montagna .Non vedevo Il geometra da moltissimi anni. Tra una pausa e l’altra mi raccontava del suo viaggio in Canada. Nel lontano 1965 un nostro compaesano lo spinse a trovare “fortuna“ a Toronto. Ando’ ,non senza delle perplessita’ .Fece molti mestieri. Ma della sua professione non se ne parlava affatto. il problema della lingua non gli permetteva di esercitarla . Dopo un paio di anni decise di far ritorno in Italia. Si sposo’ con Giovanna,e cosi’ pote’ fare il Geometra senza problemi . In pomeriggio , ci accostammo a della gente che come noi era venuta a far Ferragosto nello stesso posto. Armati di chitarre ,mandolini e fisarmoniche, canticchiavano canzoni nostrane, tipiche calabresi. Mia moglie ed io non ci pensammo due volte e intenti ad ascoltare quelle melodie assai toccanti ci facemmo trasportare dalla dolce musica e dalla voce soave di alcune signore presenti. A Riturnella e L’Aquila e Ru Castiallu ,furono quelle che mi rattristarono di piu’. Fisicamente ero li ,ma con la mente viaggiava , fantasticavo. Le note dei ritornelli, e quel suono di mi trasportavano lontano ed era come se qualcuno volesse dirmi questo :“ E tu villeggiente che hai deciso di ritornare Castelsilano per passare momenti di riposo e di relax, troverai gente calorosa che ti accogliera’ e ti fara’ sentire a casa tua. Di mattino presto potrai farti una passeggiata verso “Monte di Schiavio“.Appena salito sulla collinetta della “PULICE“,avvertirai l’odore fresco degli alberi, respirerai il profumo delle ginestre.Magari sentirai un leggero abbaiare di cani. Ti giri e guardi il paese quasi in tutta la sua lunghezza. Lo trovi bello . Pensi all’inverno e provi ad immaginarlo sotto una colte bianca…É FANTASTICO, SUGGESTIVO ALLO STESSO TEMPO!! Entrando nei pochi pini e castagne rimasti “(CHIUSA“),sentirai il fruscio delle foglie e un venticello fine e leggero ti obbliga a stare a braccia conserte,come per coprirti dal quel fresco che non hai mai sentito e provato dalle tue parti. E se sei fortunato sentirai il cinquettio degli uccelli, come il merlo e la pica che sono soliti a costruirsi il loro nido da quei paraggi.Continuando dopo Monte di Schiavio, ti troverai in localita’ Serra e da qui potrai vedere da lontano San Giovanni in Fiore ,piccola cittadina del cosentino. Lo smog della tua citta’, il rumore frenetico delle automobili saranno lontane anni luce . Riforzerai i tuoi polmoni respirando aria pulitissima. Potrai fare la tua “chennichella“ pomeridiana, nella quiete piu’ totale ,senza il caos della citta’. La sera potrai ancora fare un’altra passeggiata,ma questa volta verso il Bivio,potrai segliere il gelato preferito per la tua signora . Farai amicizia con altri villeggianti, e con i nostri compaesani. per la spesa “Nessun problema ,potrai recarti alla macelleria la piu’ vicina a te. Mentre per il pane fresco e fragante avrai l’imbarazzo della scelta , ci sono almeno due ottimi forni dove troverai anche la PIZZA. Vedrai giorno dopo giorno che Castelsilano s’impopola di compaesani che vengono dal nord per trascorrere anche loro qualche giorno di riposo meritato lontani come lei dalla pressione dei datori di lavoro e dalla vita frenetica cittadina di ogni giorno. Senza alcun dubbio incontrerai gente che ha scelto come te di vivere e condurre una vita piu’ adagiata,che torna dalle lontane Americhe,e dai vari paesi europei. Queste persone tornano con meno frequenza, lo capirai dai loro sguardi, dai loro occhi.La loro nostalgia é forte a punto tale che si divorano tutto con i loro occhi.Li vedrai passare da posti insignificanti per molti, o per gli abitanti del luogo, ma per loro in quell’angolo di “VINELLA“ ci potra’ essere qualcosa che li riporta indietro a dei momenti lieti e ai ricordi della loro fanciullezza. Ritorneranno nei loro paesi di adozione,portandosi nei loro cuori e nelle loro menti ogni angolo del paese, questa volta con numerose foto e films Video! Perché cari furono per loro quei posti ! Il cognato Antonio con voce forte ci chiamo’ e ritornai con la mente sotto quei pini. :“Cogna’ il melone é fresco, dai che c’é lo mangeremo tutto.!“ Andammo per non deludere il cognato, mentre i suonatori ancora suonavano le nostre belle e toccanti canzoni. Anche da lontano si potevano ascoltare. Si fece sera. Tutti contenti e soddisfatti ,tornammo a casa. La giornata era stata magnifica. Andammo a letto un po’ presto, ma per mia sorpresa mi accorsi che avevo qualche linea di febbre. Niente di grave.Dopo aver preso un paio di Coricidin, verso la mazzanotte stavo molto meglio. L’aria fine a cui non ero abituato, con un po’ di acqua fresca bevuta di troppo, mi avevono provocato quell’inconveniente. La febbre passo’ ,ma il ricordo di quella meravigliosa giornata , che non tutti gli anni potro’ concedermi ,é rimasto nella mia mente per sempre!! Continua. 11:53 PM | Add a comment | Permalink | Blog it | NARRATORIA Capitolo Sedicesimo Leave a Comment » | NARRATORIA | Permalink Pubblicato da castel48 capitolo Quindicesimo novembre 3, 2009 Prima della loro scomparsa i nonni avevano pensato come dividere i loro beni tra i loro quattro figli rimasti.. (ricordo che i nonni materni ebbero quattordici figli in tutto,alcuni morti prematuramente, altri o almeno uno in guerra!!) quel pezzo di terra che per molteplici motivi stava nel cuore di tutti noi. Non so perché ,ma per separare le due ali ,si nominarono ,la parte sinistra “A LINZA E RA MANCA“ con pini, castagne e molte querce ,mentre quella destra , “A LINZA E RA RERRA“, con querce giovani , un po’ di vigneto ,ciliegi , fichi e una sorgente d’acqua che sarebbe bastata per annafiarci un orto. Divisero cosi’ ad occhio andando in ordine di nascita. Zio Rosario ,mia mamma Caterina,zia Rosinella e zia Franceschina rispettarono il volere dei loro genitori. Fu con l’entrata dei generi Saverio Cortese per primo e di Sabatino dopo , che si dovette fare una divisione piu’ appropriata e scritta. Nei primi anni settanta ,fu chiamato il geometra Vincenzo Lamanna fece le carte , cosi’ fatto ciascuno degli eredi poteva vantarsi di possedere la “SUA CHIUSA“. Oggi le cose sono rimaste piu’ o meno le stesse.. Con una differenza. La parte toccata a mia mamma , ed ereditata da me e dalle mie sorelle Luisa e Isabella ,sia la destra che la sinistra , é stata ceduta alla cugina Teresa e a suo marito Pietro Mele in occasione della mia presenza al paese e il geometra Durante Francesco ha messo nero su bianco.. Un desiderio che al cugino Pietro stava molto a cuore. Anche se sulla carta non ci appartiene piu’ quella “Chiusa“, é rimasta nei nostri cuori. Soprattutto alle sorelle Luisa e Isabella che per far compagnia alla nonna e a mia mamma durante i vari lavori che la terra richiedeva, partecipavano attivamente. Un pezzo di quella terra, sara’ rimasto anche nei loro cuori.. Luisa e Isabella avranno molti ricordi di quei luoghi ,ma purtroppo la nostra vita é ormai destinata qui in Canada. Siamo sicuri che i cugini la manteranno bella ,pulita perché ritornando a Castelsilano ci vorremmo sempre ritrovarci alcuni momenti della nostra infanzia . Situata a quatto passi del paese a quei tempi faceva gola a tutti. Per questo gli zii ,dopo la morte dei nonni si prodigavano a tenere la terra s pulita, lontana dai rischi d’incendio, da animali selvaggi e da occhi indiscreti. Persino i funghi ci crescevano!! Il nonno era talmente geloso che non sopportava che gli estranei ci andassero a “carpargli“ i “suoi funghi“. Gli gridava dietro e li costringeva ad lasciare il suo “territorio“.Egoismo.. direste?? No ,era amore per la propria terra. Anche dopo fatte le carte ci tornavo. :“Cugina Teresa spero che non mi butterai fuori se per caso mi troverai gironzolare in mezzo a quei cespugli con il naso all’insu’ a guardare le punte dei pochi alberi rimasti..Sto scherzando!! In cuor tuo e in quello di Maria Luisa ne siete sicuramente certe che una parte degli zii sia rimasta in mezzo a quegli alberi ,vicino a quella grotta scavata nella roccia dallo zio a forza di braccia , convinto di trovare l’acqua. Ci lavoro’ con impeto e cuore . Voleva dare qualcosa in piu’ alla sua famiglia . Quella grotta non fu mai portata a termine. Lo zio Vincenzo dichiaro’ forfait quando si accorse che non ci sarebbe mai stata abbastanza acqua per due partite!! Almeno ci tento’! La Chiusa non si abbandonera’. Vincenzo Oliverio ,marito della cugina Luisa Marasco. É molto attivo . Insieme allo zio Peppino fanno crescere alcuni maialetti. Sono situati un po’ al di la’ dei cani da caccia del cugino Pietro. Con la poca acqua che esce dalla “Cibbia“ ne fa un discreto orto.Pianta un po’ di tutto. Lo zio Peppino ,non piu’ in salute come prima, e anche sofferente di una gamba, gli da un buon colpo di mano. Nelle mie tante visite alla Chiusa, lo trovavo gia’ la’ in mattina presto indafarato a costruirsi le ceste. Un vero artista. Sappiamo che tutto cio’ richiede tempo ,pazienza e passione. Vincenzo in poche ore era capace di fabbricarsi la sua bella cesta di varie grandezze ,Complimenti Vincenzo. Peccato per quei fabbricati di Luigi e di Rachele, che non sono mai stati completati ! Danno un senso di tristezza vederli in quello stato. Per la grande nostalgia che mi assaliva nel ritornare in quei luoghi, c’era spazio anche per qualche cosa lieta. Passando dalla casa del cugino Peppino Marano, una mattina mi accorsi che una cagnolina mi seguiva a distanza. La guardai ,la trovai simpatica e le feci un gesto con le mani come per avvicinarla a me. Ebbene fu ..amore…. scusate fu AMICIZIA a prima vista. Mi seguiva sempre, anzi mi precedeva quando io e mia moglie volevamo allungare fino alla Serra. Non sapendo che nome avesse decisi di chiamarla `BIANCA“. Diventammo subito amici . Le scattai almeno una decina di foto. Una mattina avendo con me la bottiglietta d’acqua ,mi accorsi che aveva sete. Misi dell’acqua in una delle mie mani e le ofri’ da bere. Ero felice come un bambino. Nella mia vita non ho mai posseduto cani. Bianca é rimasta nella mia mente. L’ultima volta che la rividi fu qualche giorno prima di partire. Quando si va alla ricerca dei tempi vissuti con esseri cari non piu’ insieme a noi, quando i ricordi ci fanno tristi , l’incontro con una cagnolina ci puo’ essere d’aiuto a riempire quel vuoto che si forma in noi. Anche questo fa parte della vita .Quel bambino che é rimasto in noi ne trae avvantaggi , sentendo di meno la mancaza di chi ci ha amato tanto!! Continua. 2 commenti | NARRATORIA | Permalink Pubblicato da castel48 Capitolo Quattordicesimo novembre 2, 2009 E tutte quelle camminate in campagna di mattino presto che ci eravamo prefissi di fare prima di lasciare Montreal ,dove sona andate a finire? Niente paura. A causa del cambiamento di fuso orario e per qualche rumore di muratori proveniente dal vicinato , ci svegliavamo abbastanza presto, e cosi’ fatta colazione ci avviavamo verso la campagna. I luoghi preferiti erano la Chiusa di nostra proprieta’ , e verso Monte di Schiavio ,per poi continuare fino alla Serra e fare un lungo giro passando da Cercchiara e naturalmente dal Bivio. Lo facemmo per parecchie mattine. Anche quando mia moglie non se la sentiva, andavo da solo. Non mancavo mai di farmi un giro per la Chiusa.Troppo cara alla mia famiglia, a quella delle zie Rosinella , Franceschina, e dello zio Rosario. Un lembo di terra generosa ereditato dalla nonna Luisa Cosentino insieme al nonno Gaetano Mazzei , ne fecero una campagna che oltre alla legna, dava vino ,frutta , e un buon orto che dava un po’ di tutto .Nonno Gaetano si scelse la parte piu’ verso valle. Ai Suoi tempi quello che contava per il fabbrisogno della famiglia era la legna. Mentre la parte superiore con pochi alberi tocco’ ad una sorella di nonna Luisa.Oggi gli eredi di zia Franceschina ne hanno tratto profitto, perché (..non si sa mai cosa puo’ succedere nel futuro..!!) sui quei terreni ci hanno costruito le loro case…buon per loro. Al Nonno gli tocco’ anche la piccola casetta . Stare una giornata fuori in campagna , senza potersi riposare ,mangiare un boccone ,e anche dove custodire gli arnesi del lavoro, non era bello . E cosi’ , impossesatosi della casetta all’entrata della proprieta’ la trasformo’ in una macina per l’uva ,con due grandi vasche e un grande torchio , mentre per la pigiatura ci avrebbero pensato zio Rosario e gli zii Vincenzo e Peppino . La nonna, aiutata da mia mamma e dalle zie Rosinella e Franceschina, s’interessava a far funzionare il piccolo forno accanto, alimentandolo con delle frasche che trasportava in testa dal boschetto vicino. Nonno Gaetano era un reduce della prima guerra mondiale. Mi raccontava degli episodi che aveva vissuto durante la guerra. Si vantava che gli Italiani avevano inflitto un duro colpo agli Austriaci, avevano affondato una potentissima nave da guerra, la Santo Stefano. Lo diceva con tono forte ed orgoglioso. Non ricordo cosa gli successe , ma lo ricordo sempre che camminava aiutandosi con lunghi bastoni. Tutte le mattine di buon ora partiva da casa e si recava nella sua proprieta’. Faceva di tutto. Ricordo che zappava la terra in ginocchio. Sostava ore e ore davati a delle buche nel terreno affinché le talpe che gli rovinavano il raccolto oppure l’orto si affacciassero per un solo attimo, per poi colpirle mortalmente con uno dei suoi bastoni. Gli zii Vincenzo e Peppino se la ridevano , ma lo ammiravano per tanta pazienza e tanto amore verso la sua terra. Con il tempo ,anche noi piccoli partecipavamo alle attivita’ che si svolgevano alla nostra Chiusa. Luisa di zio Rosario ,la piu’ grande dava una grande mano a zia Carolina . Anche lei era molto attiva.Ricordo che durante la vendemmia anche alla Graria tutti partecipavano. le donne con grandi ceste raccoglievano l’uva.Gli zii s’intererssavano a pigiarla. Io invece ,ormai grandicello guidavo l’asina carica di due grandi ceste dalla Graria al “palmento“ della chiusa. Riuscivo a fare molti viaggi. All’andare, con l’asina carica e in salita, mi facevo tirare afferrandomi alla coda dell’asina, mentre al ritorno potevo calvalcare e farmi “A RAGATA“.Tutto questo mi appassionava moltissimo .Il mio era un notevole contributo. Il tempo della vendemmia era per me tanto atteso. Gli zii mi permettevano di saltare la scuola per un paio di giorni, con mio grande piacere.Ma quello che mi rendeva piu’ felice era quando al momento della pausa, si mangiava nella barracca. Ricordo che la zia Carolina tirava fuori quella salciccia rossa e larga e “lu frisulu“ ,quel famoso grasso misto a della carne magra da un sapore squisito. Sedersi su dei ceppi di legno, intorno ad una tavola fatta da tavole, coperta da un grande “misale“,vedere zio Rosario mangiare con il coltello in mano e tagliarsi il pane,oppure la cugina Luisa arrostire del salato mentre le gocce cadevano e ne provocavano delle piccole fiammelle..erano momenti di aggregazione che mi riempivano il cuore di gioia. Tutto questo non lo si vive piu’. I tempi sono cambiati Solo allora suddette cose potevano accadere. Oggi ,non essendoci piu’ la vendemmia di una volta ,tutto resta un ricordo. Tornando alla Chiusa ho cercato di ricordare quei tempi. La casetta é sempre la’. Ereditata da Sabatino ,é trasformata da garage Con una larga porta di ferro. Il forno anche questo é stato distrutto.Resta l’esterno del fabbricato rimasto quasi uguale a ricordarmi il passato. Mentre scattavo numerose foto nelle mante la rivedevo com’era una volta. Rivedevo nella mente la nonna ,aiutata dalla mamma e dalle zie indafarate nel loro lavoro intorno al forno. Entro dentro con la mente e vedo mio nonno con lunghe bracciate stringere il grande torchio. Mentre zio Rosario dava una pulitina e scartava le raspe. – “ Sembrava che mi dicesse come era solito fare lui,:“Peppi, svuota le raspe al mucchio a fianco della casella. Gli obbedivo , ero contento di farlo per lui. Avevo la sensazione di avvertire quell’odore di mosto come se fosse in quel momento. Come mi succede sempre , torno alla realta’ .Do uno sguardo intorno un po’compiaciuto per essermi trovato la’,ma rattristato perché tutti quei miei cari che avevo appeno rivisti nei miei ricordi ,non ci sono piu’. Continua
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