Memorie Prima parte. ). La Piccola Italia sempre più popolata ,era sempre attiva. Era un piacere camminare per le sue strade,specialmente d’inverno con molta neve sulle strade e sui i marciapiedi. Mi divertivo a guardare quelle donne tutte incappucciate apMEMORIE .( Seconda ed ultima parte)
dicembre 15, 2017
Giuseppe Fazio <castel48@yahoo.it> “”MEMORIE” ( seconda ed ultpena uscite dalle loro fabbriche che con tanta fretta si avviavano verso casa. Sapevano cosa le avrebbe aspettato. Preparare una discreta cena,e far mangiare la famiglia. Alcune prima di recarsi a casa, passavano dagli Asili per prendere
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Dic 14 alle 3:39 PM
“”MEMORIE” ( seconda ed ultima parte. ).
La Piccola Italia sempre più popolata ,era sempre attiva. Era un piacere camminare per le sue strade,specialmente d’inverno con molta neve sulle strade e sui i marciapiedi.
Mi divertivo a guardare quelle donne tutte incappucciate appena uscite dalle loro fabbriche che con tanta fretta si avviavano verso casa.
Sapevano cosa le avrebbe aspettato. Preparare una discreta cena,e far mangiare la famiglia. Alcune prima di recarsi a casa, passavano dagli Asili per prendere i loro bambini. Un altro duro lavoro le attendeva ,oltre alle otto ore fatte in fabbriche.
Impazienti ai semafori ,aspettavo che il verde le lasciasse passare,una a fianco all’altra,frettolosamente si guadagnavano l’altra parete della strada, non senza qualche volta di “scontrarsi” con altra gente che veniva dal senso inverso.
La neve che cadeva sempre più fitta e copiosa copriva le loro giacche e imbiancava i loro cappelli .
Anche se qualche automobile prepotentemente cercava di sorpassarle,non le temevano, gli automobilisti erano costretti a darle la precedenza.
Pur volendo salutarle ,incappucciate in quel modo ,non si riconoscevano. Solo di estate se ne poteva ammirare la loro bellezza mediterranea, dalle siciliane alle calabresi,alle molisane ,alle campane, tutte portavano con se quei sorrisi ,quei visi quasi acqua e sapone delle loro parti.
Erano lunghi freddi e con abbondanti nevicate gli inverni di cinquant’anni fa ! Gelavano persino le tubature dell’acqua. Mio padre ne seppe qualcosa.
Con almeno $20 si poteva riempire il paniere della spesa. Un pane costava solo 0′.25 $ .il biglietto dell’autobus anche. con $0.50 si poteva comprare un pacchetto di sigarette. Mentre la paga media di una donna che lavorava nelle vicine fabbriche variava dai $40 ai $ 50 per settimana. Per l’affitto occorreva poco più di una settimana di lavoro.
Ormai si era fatta abitudine. Molte erano andate via dai loro paeselli natii ,per scappare dalla miseria, purtroppo É DURO DIRE QUESTO!
C’era consuetudine di riunirsi abitandoci nella stessa casa almeno due famiglie, due sorelle ,oppure due fratelli con i rispettivi figli ,(molti!) .
Condividevano bagno e divano, Televisione poco chiara e con molte strisce orizzontali, ma almeno si vedeva un po’ .Cercavano di cenare e di pranzare insieme. Tutti erano coscienti dei momenti duri e dividere un’affitto era essenziale per l’economia di ciascuna famiglia.
Quando l’occasione si presentava ,allora per la felicità di tutti ,. una delle famiglie si cercava la propria casa.
I giorni di festa,si andava in chiesa, le varie funzioni attirava la maggior parte della comunità . NATALE!! Che bello ritrovarsi in chiesa alla messa della Mezzanotte! Abbracci ,baci tanti auguri, alcuni incontravano altri compaesani arrivati dopo. Quante domande,quanti sguardi.
Oltre alle domande “Come sta questo , quello ,Hai visto i miei genitori, lo sanno che partivi anche tu?”:” Si ..si , li ho salutati ,anzi ho un piccolo pacchetto che la tua cara mamma manda ai cari nipotini, mi ha detto di abbracciarli forte forte per lei!!
A questo punto l’emozione cresceva e non si potevano trattenere le lacrime!!
” Con i loro sguardi guardando nei loro occhi cercavano di ritrovare il loro passato ,la loro terra lasciata, il loro paesello ,i loro parenti e amici!
Per un certo senso di affezione tutti diventavano amici ,si scambiavano le visite ,con pranzi e cene.
Era un fiume di domande che bombardavo gli ultimi arrivati.
Dopo tanto parlare alla fine si sentiva un certo appagamento.
Tutti stavano bene ,compresi i loro vecchi genitori anziani lasciati in quella casetta di campagna.
I più grandicelli incominciavano le scuole elementari. Ricordo che difronte la chiesa Dante vi era la San Filippo Neri che accoglieva tanti figli dei nostri connazionali. La vita avanzava ,i bambini crescevano,le mamme e padri invecchiavano facendo fronte ai primi loro acciacchi.
L’ospedale JEAN TALON situato non troppo lontano era la meta di analisi ,visite di controllo e purtroppo anche di qualche ricovero.
Non so se allora ci fosse più affezione, più cuore,più sentimenti tra un italiano e l’altro.
I primi arrivati agli inizi del 900 ,mi diceva un caro anziano che abitava vicino casa nostra , ; si abbracciavano!!: ” E si puru tu italianu!! Da ddue viani!! ?? “
Non importava la provenienza, tra vicini e confinanti c’era collaborazione ,persino quello con una cantina invitava il vicino di farsi il vino perché il posto per una damigiana c’era anche per lui.
Zio Luigi Ferrarelli era una di queste. Incoraggio’ persino mio padre ,essendo in affitto e non provvisto di cantina di mettere una damigiana nella sua .
Mentre zia Luisa Mazzei ,sua moglie ,faceva meglio, portava la sorella Luisa a lavorare nella sua stessa fabbrica, a piedi ,standole sempre a fianco. .
Zio Giovanni Mazzei con zia Teresa ,sua moglie erano appena arrivati dall’Argentina ebbero due figli, Serafina ,nata a Mar de la Plata e in seguito ,quando tutti ci avevano perso le speranze ,nacque Francesco Mazzei, zio Giovanni non stava nella pelle.
Finalmente aveva avuto un suo erede.
Due care famiglie che ci stettero a fianco durante i primi tempi della nostra entrata in Canada.
Concludo dicendo che la vita di emigrante di almeno cinquant’anni fa era più sentita, sofferta. Adattamento ,lingua, paura di sbagliare strada,il tremendo freddo dei lunghi inverni,le forti nevicate,la nostalgia dei cari e del caro paesello,la preoccupazione di ogni padre di famiglia era di non far mancare niente ai loro figli.
Accompagnarli a scuola ,impartire loro una solida educazione, e soprattutto era molto importante inculcare e trasmettere loro le tradizioni ,i valori,l’amore per la nostra cara Patria che a malincuore avevano lasciato.
La comunità italiana che passo’ dalla Piccola Italia ha lasciato il segno. Una chiesa che li raggruppava durante le feste, le Processioni di Sant’Antonio e della Madonna Della Difesa.Quella piazzetta era stracolma, su un parco allestito nel mezzo si esibivano cantanti nostrani, che con le loro canzoni napoletane e stornelli vari facevano ritornare con la mente a ciascuno nella propria terra.
Quel quadrato oggi e semi vuoto,pochi dei nostri connazionali sono rimasti ,tutti partiti me compreso. La chiesa alcune domeniche e semi vuota anche,fa pena vedere quei banchi abbandonati, sembra quasi che piangono.
Solo nelle feste importanti si vede gente che viene dalle periferie per assistere alle funzioni del Natale e della Santa Pasqua,oppure nelle processioni dei Santi.
A molti fa piacere far ritorno anche per ritrovarci il loro passato,la loro fanciullezza,passare davanti alla loro vecchia scuola ,notarne i mutamenti ,oppure a quella vecchia casa che ha visto crescere i propri figli, dove un pezzo del loro cuore é sempre rimasto in quelle quattro mura,perché comprata e pagata con sudori di entrambi ,marito e moglie.
Se sarebbe stato possibile qualcuno si sarebbe portata con se quella tanto cara casetta ,perché dieci , undici ,vent’anni sono stati tanti e mai e poi mai se ne dimenticheranno quei bei tempi passati in quel dolce e caldo focolare!
Io e la mia famiglia abbiamo lasciato la casa dei nostri cuori ,dei nostri sogni ,la casa dove i miei figli Francesco e Claudio hanno avuto le prime emozione,l’inizio della loro fanciullezza,i ricordi della prima ragazzina conosciuta nella “Ruelle” .
Le prime cadute dalla bicicletta con le ginocchia scorticate, e le lacrime versate per il dolore. Quando posso ci passo spesso, e la guardo alla distanza di tanti anni. Una volta feci il coraggio e suonai a quello stesso campanello ,domandai alla nuova proprietaria che avevo il desiderio di vederla dentro ,almeno per un’altra volta.
Mi fu acconsentito. Vi risparmio la forte emozione che ebbi appena intrapreso quel lungo corridoio. Anche i miei figli ci ritornano spesso e mostrarla almeno di fuori ,Claudio a sua moglie e figli e Francesco alla sua amica. La Piccola Italia e la nostra vecchia casa del 6305-07 di AVE, DE G ASPE’ É RIMASTA NEI NOSTRI CUORI!!
FINE.
Peppino Fazio.
“MEMORIE” (PARTE PRIMA)
Con tanta nostalgia ,velata con un po’ di tristezza mi sto accorgendo che questo 2017 sta finendo la sua corsa. Meno di quaranta giorni e un nuovo anno farà capolino,spazzando via quasi con prepotenza il suo predecessore.
Non sappiamo cosa ci riserverà ,se sarà migliore del 2017. Chi sa, se le guerre continueranno ,se le accuse per violenze coniugali aumenteranno e si spargeranno come macchie d’olio.
Una macchia ,un’onta fino (quasi) adesso nascosta , sta prendendo forme gigantesche.Un nutrimento giornaliero per la stampa parlata e scritta perché i pettegolezzi fanno vendere più giornali e fa aumentare l’ audience alle TV.
Ma malgrado tutto la vita dovrà continuare , i politici continueranno i loro dibattiti ,le loro schermaglie, i loro siluri,le loro frecciatine affinché l’avversario possa essere indebolito . Una storia che si ripete da quando mondo é mondo.
Ma oltre tutto ,oltre a quanto accennato nel 2017 é stato l’anno in cui ho celebrato i miei primi cinquant’anni in Canada. Ho scritto almeno 50 capitoli in riguardo.Ho raccontato tutto o quasi dal giorno della mia partenza dal mio caro paesello a quasi ai giorni nostri.
Questi racconti in questo momento sono pubblicati dal settimanale il lingua italiana in Ottawa ,nell'”ORA DI OTTAWA”” sotto la Direzione del direttore capo , l’avvocato di origini Pugliesi ANTONIO GIANNETTI.
Quando ne lesse su Facebook i primi capitoli,subito si mise in contatto con me dicendomi che erano racconti scritti con il cuore e che quella mia storia di oltre cinquant’anni avrebbe creato un forte interessamento in tutta la comunità Italiana emigrata come me negli anni cinquanta e sessanta.
Pensandoci un po’ decisi di inviarglieli al completo .
In questo momento siamo giunti al 36.mo capitolo, ne mancano altri quattordici,che si termineranno credo verso la fine di febbraio 2018.
Provo tanta gioia ,nel vedere pubblicata la mia storia.Vederla stampata su carta, mi commuove e mi da altre sensazioni, senza nascondere un forte orgoglio.
Ritornando al 2017 ,l’anno dei miei cinquanta’anni in Canada ,sento ancora il desiderio di raccontare su i miei giorni appena entrato nel nuovo Paese.
Come si può nasconderlo, mi sentivo nei primi giorni come un pesce fuori acqua. Dalle case alle strade tutte diritte con traversali ed incroci , nessuna curva,dov’erano quelle del mio paesello? Le case erano talmente allineate che con le loro scale quasi a chiocciola mi davano fastidio solo a guardarle.
Noi abitavamo al secondo piano e per forza di cose bisognava salire su una di queste per poter entrare in casa.
La gente molto indifferente ti guardava senza dir niente: ” Ecco un altro emigrante” Avrebbero pensato.
Dopo pochi giorni cominciavo ad abituarmi alla mia casa, al suo vicinato e alla gente che ci abitava .
Essendo in piena “Piccola Italia” ,naturalmente sentivo già parlare la nostra lingua,poca pero’ ,la maggior parte si esprimeva nel loro dialetto…. ma almeno erano ITALIANI.
Ma com’era quella gente che aveva deciso di emigrare ed abitare come me qui a Montreal? Fin dalle prime ore del mattino si sentiva e si vedeva gente che si apprestava a recarsi al proprio lavoro nelle vicinanze.
Moltissime fabbriche in quei tempi erano il fior all’occhiello della comunità italiana. Donne di ogni età sbracciate d’estate ,e incappucciate d’inverno vi si recavano e dietro una macchina da cucire ,completavano le loro otto ore di duro lavoro.
Mentre gli uomini quasi tutti senza macchina ancora si avviavano alla vicina stazione di Metro per raggiungere i loro cantieri,nelle ferrovie della Canidian Pacipic ,dove contribuivano alla costrizione dei primi ponti e alle prime strade.
Quelle con i bambini piccoli entrati in Canada ,si preoccupavano di portali al vicino Asilo della Madonna della Difesa. Altri invece venivano guardati in case private e da gente conosciuta.
In quel nuovo mondo per tutti ,tutto era diverso,il mangiare ,la moneta,la lingua,le insegne. Bastava conoscere un negozio ,”Store” di generi alimentari, la macelleria ,”bucher” , una farmacia “Pharmasie”, e Via Dante per recarsi in chiesa ,e questo poteva bastare,
Con il tempo ,secondo le esigenze si sarebbe appreso altro ,la conoscenza del territorio ,come andare al Parco Jarry a al Parco Dante d’estate per riposarsi e far svagare quei piccoli bambini, ora sono tutti padri e nonni.
La Piccola Italia era molto popolata, dai Bars ,ai negozi di generi alimentari ,tutto era al sevizio di noi altri nuovi emigranti.
La San Lorenzo era la più frequenta da noi altri italiani .( lo é ancora adesso) .
Dai mobilifici ,ai ristoranti- pizzeria ,ai negozi di scarpe
,all’abbigliamento (ricordate il 5-10?).Tutto con cuore e forza di volontà e sacrifici ,alcuni nostri connazionali misero su i loro commerci.
Verso la Via Mozart vi era anche un officina che si occupava di riparare le automobili ,almeno per chi ne possedesse una.
E come non ricordarsi del Mercato Jean Talon,una grande opera dove la migliore uva della California si poteva avere solo la. E poi ogni sorta frutta , la comunità con il profitto del loro lavoro si poteva permettere di comprare un po’ di tutto.
E i forni? Ne avevamo almeno tre nella zona. uno addirittura era situato a soli pochi metri dalla mia residenza, il profumo e la fragranza di quel pane , ben di Dio appena sfornato mi ricordava i forni del mio paesello ,di Via Palazzo!
La vita di ciascuno di noi era affrontata con sacrificio, coscienti di trovarsi in terra straniera ,si cercava di farla sentire meno penosa,anche se la nostalgia dell’Italia e dei familiari rimasti al paese ci attanagliava.
Vi erano momenti che sembrava che sentissimo persino le loro voci talmente fossero frequenti nella nostra mente, la sola consolazione di “poter palare” con loro erano quelle lettere che faticosamente venivano per via di una sempre più stanca posta.
Alcune risposte impiegavano persino 2 settimane. Erano giorni di completa ansietà ,soprattutto per chi aveva lasciato propri genitori anziani e non in ottima salute. Malgrado tutto passava il tempo.
Fine primo Capitolo.
Peppino Fazio.
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Pubblicato da castel48
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