LA MIA CARA RRAFFACA seconda ed ultima parte.
marzo 27, 2019
` LA MIA CARA RRAFFACA“ , 2.nda ed ultima Parte.
Sotto gli ordini dello zio Rosario, ciascuno si prese il proprio compito. C’erano da raccogliere le olive cosparse per terra cadute da sole dalle piante nei giorni precedenti.Armati di grandi panieri ,la mamma ,la cugina e la zia cominciarono la lunga e faticosa raccolta.
Mentre lo zio con in mano una lunga pertica incominciava a percuotere i rami per provocarne la caduta. Io me ne stavo seduto su una pietra ,ero ben vestito, la mamma aveva pensato bene a farmi indossare una pesante maglia e una lunga sciarpa.:“Questa ti proteggerà la `gola! “ ., mi disse la mattina prima di avviarci. Premurosa come tutte le mamme di questo mondo sapeva che qualche mese prima avevo subito l’asportazione delle tonsille a Crotone ,quindi non voleva che il freddo del mattino nuocesse all’ ancora fresco “taglio“.
La mamma non rimase con le mani in mano, aiutava anche lei, ma con un occhio vegliava sempre su di me.
Durante la pausa del “lunch“mi prese per mano e mi portò in mezzo all’oliveto, come per cercare qualcosa del suo passato
Quando ci imbattevamo su qualcosa che a lei le ricordasse la sua giovinezza, come ogni buona mamma ,mi spiegava e mi raccontava ,cose viste oppure vissute in quei tempi lontani.
Appena ci avvicinammo ad una sorgente ,ormai quasi prosciugata,mi fa: “ Sai che il nonno Gaetano aveva sempre un fucile con se che conservava nascosto nella Casetta. Un giorno vide una lupa avvicinarsi alla fonte, le sparò due colpi e la uccise!!.
Temeva che si avvicinasse troppo a noi e prese quella decisione. Decisione un po’ sofferta perché quella mal capitata aveva dei cuccioli,“ Nel sentire ciò mi rattristai molto. Poi mi portò sotto un melograno. :“Tuo padre quando veniva qua ,me ne portava alcuni, e sapessi com’erano buoni!!“Il suo sguardo di era “lontano, altrove“ ,certamente si capiva che il suo pensiero volava in Canada ,al suo caro sposo!! .
Ben presto cominciava a farsi buio. Ci ritirammo nella casetta. lo zio Rosario si era preoccupato ad accendere un grande fuoco.La poca luce che si poteva ottenere era data da delle lanterna ad olio ,oppure da pezzi di legno di pino che bruciando illuminavano l’ unica stanchezza.
Seduti tutti intorno al focolare ,ci riscaldavamo ,dopo aver mangiato un boccone ci sdraiavamo su un sacco ripieno di paglia per addormentarci. Il giorno dopo ci aspettava (a loro!) un’altra lunga giornata di duro lavoro.
Ritornai a RRAFFACA dopo sette anni.Avevo compiuto il mese prima 17 anni!! Eravamo nel dicembre del 65. quell’anno era stata una buona annata. Lo zio chiamò del rinforzi.Nel frattempo il cugino Saverio Cortese , sposato alla cugina Luisa ,insieme agli zii Foglia e Marasco, avevano prolungato la stradina per permettere ad un automezzo di accedere alla casetta.
Addio Via della Magaralle, non più asina, addio ai miei cari “cacummari“,si era cambiato il tragitto, si passava per la vecchia Acerenthia.
Una forma di progresso!! Una sera di quel lontano 65 ricordo che c’era pure la carissima cugina Rachele Marasco,e migrata poi anche lei come me in Canada, ad Hamilton.Eravamo tutti sdraiati sui nostri bravi sacchi.
Qualcuno si mise ad arrostire del lardo al fuoco. Le gocce del grasso colando sulle brace ,provocarono una grande luce che si proiettò in tutta la casetta, e tutti noi a forma di sagome venivamo proiettati sulle pareti ,come quei films di paese che si proiettavano sui muri!! .
Ad un tratto uno degli aiutanti ,credo che fosse “MICCIA” ,zio di Domenico e Peppino Allevato ““, ti fa:“HUI CHI LURRU!!“che tradotto vuol dire “QUANTA LUCE!!“. La cugina che fino a quel momento era rimasta silenziosa, scoppiò in una forte risata : “Emme ..emme i mammoni allu muru!!“ Guardate..guardate i fantasmi al muro!!
Piangevamo per le forti risate. Tutti i presenti ,dalle zie agli zii,ci abbandonammo tutti in quei momenti di pura e scherzosa gioia. Non so se ci sarà un’altra occasione per rivedere e rivivere ancora quei vecchi tempi! dove tutto era ,semplice. Quel poco che si possedeva si condivideva con tutti. Bastava che in ogni famiglia ci fosse in pezzo di pane e poi tanto e solo amore!!.Oggi …non lo so!!.
Pensare che attorno ad un focolare con un fuoco scoppiettante , sdraiati su quei sacchi ripieno di paglia, dieci, undici persone con le sole scarpe tolte ,formavamo un semicerchio appena fatto buio ,si raccontavano storielle ,si rideva per cose banali,prima che gli occhi non si chiudessero per la stanchezza del giorno appena trascorso ,senza dimenticare che il giorno dopo ci aspettava una lunga giornata di lavoro….Non credo, ripeto che rivedrò e vivrò ancora quei bei tempi.!!
Emigrato in Canada subito dopo, ritornai a RRAFFACA solamente nel 93 . Fu zio Peppino Marasco che una mattina prestissimo mi fece salire..( non più su un’ asina come lo zio Rosario!!) ma sulla sua Renault.Appena rivista la “casella“ebbi un stretta al cuore. Il pensiero mi riportò a quando a soli otto anni ci andai per la prima volta.
Era un po’ cambiata,diedi uno sguardo intorno, ,sembrava di vedere lo zio Rosario, la zia Carolina intenti nel loro lavoro. Ci avevano lasciati prematuramente qualche anno prima.Filmai tutto, mentre lo zio si preoccupava di raccogliere dei fichi d’ India!!.
.Lasciai quel posto con la stessa tristezza che si prova quando si lascia il nostro caro paesello…“Ci ritornerò “. mi dissi. Mentre il caro zio Marasco tranquillamente fumava la sua brava pipa!! Appunto ci ritornai ancora nell’agosto del 2013 questa volta ,oltre allo zio Peppino anche con con il cugino Luigi Marasco,detto “Marruluvice!”
Questi video esprimono molti dei nostri sentimenti. anche il cugino Luigi menziona il caro zio Rosario Mazzei. ci ha voluto molto bene!!!!
Peppino Fazio.
Fine.
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Pubblicato da castel48
LA MIA CARA RRAFFACA (prima parte)
marzo 27, 2019
LA MIA CARA RRAFFACA! ( parte prima)
LOCALITÀ CERENTYA VECCHIA.
Ai tempi dei nostri nonni e dei nostri padri esisteva un unico e solo mezzo di trasporto; l’Asino e degli ottimi e forti muli. Quest’ultimi venivano maggiormente utilizzati per trasportare la legna dalle valli sempre più irte ad uno piazzale dove ,una volta ammucchiata se si aveva la fortuna di possedere oppure noleggiare un mezzo pesante veniva poi trasportata in paese e distribuita a chi ne aveva bisogno.
Chi era “motorizzato’ di questi forti muli nel nostro paesello era la famiglia Aquila.
Il signor Aquila zio dell’amico Peppino Aquila detto anche ” U brigadiere” capo famiglia ne dirigeva il tutto. Con i suoi numerosi figli ,ne vorrei ricordare qualcuno a noi tanto cari ,Ciccio ,Peppino ,Giovanni e forse anche Leonardo il più piccolo. Si piazzarono in località Stragola e d’intorni divennero ottimi boscaioli e “pulivano” quei boschi e i loro possenti muli ebbero un parte primordiale.
Gli asini non erano da meno. C’é n’era quasi uno ogni casa,almeno di quelli che possedevano terreni nelle lontane Marine , oppure l’orto nelle località limitrofe del paesello .
Zio Peppino De Pasquale era uno di questi. Oltre all’asino aveva anche una forte mula. Annualmente si ritirava “Allu Scuarzu” per la semina e poi la raccolta del prezioso grano. Fino a quando nel primi anni sessanta con i cugini Domenico De Pasquale e Francesco Macchione misero su piede una mini cooperativa con mezzi meccanici che avrebbero rimpiazzato il lungo lavoro a mano dello zio Peppino sia nella semina ,ma soprattutto nella mietitura e nella trebbiatura.
E zio Rosario Mazzei ?Una tra i pochi che non volle emigrare ,e in Svizzera e tanto meno nelle Americhe ,si procuro’ anche lui la sua brava asinella. Alla Graria ,alla Chiusa, a San Marco, ma soprattutto a RRAFACA non si poteva andare a piedi e la zia Carolina non poteva portare le cesti di pomodori sulla testa.
Ecco che a quei tempi l’asino diventava il “mezzo” di assoluta necessità per tutti.
Tempo fa scrissi tra l’altro che l’asino era parte della famiglia, che ciascun proprietario lo trattava con amore e dedizione. Vedere gli asini circolare in paese ai nostri tempi e vederne i loro bisogni prima su quella strada ancora non asfalta , sulle “basule” oppure nelle varie “Vinelle” era una cosa normalissima.
Le mattine prestissimo venivamo svegliati dal rumore dei loro zoccoli mentre ne scendevano quelle “vinelle ” fatte di pietra.
lo zoccolo al contatto della stessa lasciava un tintinnio e dava sempre lo stesso rumore.
Ci manca molto l’ asinello ,ci manca quel suo battito di zoccoli su quelle ruvide pietre. Ci manca il suo sbruffare , ci manca il suo raglio.
Ci manca quell’odore di paglia , e l’odore acre della sua urina’ che usciva fuori da quelle stalle dalle finestre con sbarre di ferro e si propagava per tutto il vicinato. Nessuno diceva niente. C’era un rispetto reciproco.
Ma come si andava a RRAFFACA? Il mulo e l’asina erano gli unici mezzi di trasporto . Zio Rosario si alzava la mattina al buio ,preparava il necessario ,caricato e si avviava. Quattro lunghe ore per recarsi sul posto.
Successe che durante la raccolta occorreva personale ,quindi le mie care zie ,la cugina Luisa ,Mazzei figlia dello zio Rosario una mattina erano pronte per partire. Svegliatomi mi resi conto che la mamma mi avrebbe lasciato solo con le sorelle ,feci del tutto per farmi portare con loro.
Sebbene fossi piccolo, forse non ero nemmeno di otto anni ,lo zio Rosario dal cuore tenero,per primo cerco’ di convincermi di restare offrendomi qualche lira, visto la mia insistenza e visto che si stava facendo tardi ,mi mise a cavallo sull’asina e mi portarono con loro.
Era la prima volta che avrei visto la cara terra del nonno Gaetano.
Prendemmo la via che porta “Allu Jardinu” .dopo attraversata quella mezza pianura ci trovammo in valle ,seppi dopo che veniva chiamata “Magarelle” .
Esattamente dove quasi trent’anni dopo doveva schiantarsi il Mig Libico e la conseguente morte del suo pilota (i ?) .
Poi c’era da fare una forte salita per arrivare Durante la quale ,sempre a cavallo su l’asina ,qualcosa di rossastro colpiva i miei occhi: Erano i “Cacummari”. I rami dei suoi alberi quasi ci impedivano di passare e quelli più alti mi sfioravano il viso.
La mamma che sapeva già di che cosa si trattasse fermatasi anche per riposarsi ,ne raccolse alcuni e me li diede. Passai dal sapore agre (poco rossi) a quelli dolci. :” Non puoi mangiarne troppi Peppi’ ” Mi fa la mamma. :” A stomaco vuoto ti potrebbero far male.:
Fu allora che mangiai per la prima quel frutto a me sconosciuto. Non ricordo di averne mangiato altri, ma rimasero per sempre nella mia mente.
Arrivammo su dopo una lunga salita e la prima cosa che vidi fu la casetta. Anche RRAFFACA possedeva la sua brava “casella” come la Chiusa!!
Lo zio Rosario dopo aver acceso un bel fuoco, ordino’ alla zia Carolina di preparare a mangiare qualcosa.Era appena fatto giorno. Eravamo partiti in piena notte, forse sarebbero state le quattro del mattino.
Dopo quasi quattro ore di cammino eravamo seduti davanti a quel fuoco scoppiettante su dei “cippi” ,sedili fatti di legno dallo stesso nonno Gaetano e su qualche vecchia sedia.
Stava per incominciare per lo zio e per le zie ,la cugina Luisa ,una lunghissima e dura giornata. La raccolta delle olive.!
“BENVENUTA PRIMAVERA”
Per fortuna É ormai alle spalle il lungo e “orrendo” freddo canadese. Il sole é più frequente nelle nostre giornate, si fa largo tra le nuvole con prepotenza quasi timido vorrebbe scusarsi per non essersi esposto più di tanto durante gli ultimi tre ,quattro mesi.
É un sole “freddolino” ,ma é per tutti noi il benvenuto.
Qui non si usa ,e non siamo abituati vedere donne e uomini anziani ,seduti davanti alla loro porta di casa ,oppure su un balcone “chi s’ assuliccianu” e approfittano del suo tiepido calore.Ciascuno se lo gode a modo proprio.
Ufficialmente la primavera é arrivata da quattro giorni.Il Canada purtroppo per la sua posizione geografica , praticamente proiettata verso il Polo Nord non le permette di avere la ” una vera primavera” almeno dai primi giorni del suo arrivo ,ma gradualmente ,grazie anche al cambiamento dell’ora legale che ci permette di sfruttare ancor di più la luce del giorno ,con un enorme risparmio di energia elettrica , la sensazione di una primavera ormai alle porte la si sente dentro, che va a vantaggio del nostro umorismo ,aiutandoci a trascorrere le giornate più liete e più in armonia.
Ricorreva il 5 gennaio del 1998 e su Montreal e nell’intero Quebec si abbatteva una tempesta di pioggia ghiacciata, la cosiddetta “PLUIE VERGLACANTE!”,milioni di abitanti si ritrovarono senza elettricità ,alcune regioni ci rimasero per almeno un mese.
Se l’ambiente e e l’economia soffrirono per le cattive condizioni meteorologiche, la popolazione dei vari centri toccati dalla crisi della “VERGLAS”, ne conservano ancora il traumatismo!
Grandi rami d’ albero si staccavano dai loro tronchi e nella caduta schiacciavano letteralmente le automobili ,alcuni addirittura finivano la loro caduta su i fianchi delle case. Grosse antenne (Pilon) della elettricità si piegavano e si spezzavano come stecchini sotto l’enorme peso del ghiaccio accumulatosi sulle loro linee..
Si parlava di oltre tre mila chilometri appunto di linee interrotte con i fili che serpeggiavano tra gli alberi provocando scoppi di trasformatori con rischio d’incendio.
La popolazione si rinchiuse in casa, ma prima i più previdenti presero d’assalto letteralmente i negozi per rifornirsi di cibo vario, acqua potabile, ma soprattutto di pile , di torce elettriche, e latte per bambini.
Fu una tempesta che non si era mai avuta prima di allora nel Quebec, e in parecchie regioni del Canada ,come l’Est dell’Ontario fino al Nuovo Brunswick.
Le autorità locali ,con a capo il direttore responsabile di Hydro Quebec Jean Pierre Giroux e il Primo Ministro del Quebec di allora Lucien Bouchard in diversi comunicati cercarono di tranquillizzare la popolazione,invitandola di restare in casa ,che la situazione si presentava molto seria ,ma non disperata.
Essendo anch’io un cittadino monrealese come tutti gli altri venni privato dell’elettricità. In poche ore la casa divenne talmente fredda che fummo costretti a vestirci con maglie ,maglioni e pantaloni molto pesanti.
La mia mamma con una delle mie sorelle rimasero anche loro alla ghiaccio. Essendo la mia casa fornita di un focolare, non me lo feci ripetere due volte e misi fuoco a quella legna . In pochi minuti mia moglie con i figli scendemmo nel sottosuolo e ci accostammo letteralmente attorno al focolare ,formando un semi cerchio.
Il mio pensiero volo’ a mia madre . Un’ora dopo sia lei la sorella che erano insieme a noi davanti a quel “santo” focolare e al calduccio.
Mi vennero in mente tanti ricordi. Quando alla raccolta delle ulive si era costretti rimanere in campagna,perché la raccolta era abbondante, richiedeva diversi giorni per completare il tutto ,e di conseguenza si doveva dormire in quella casetta che il caro nonno si era fatto costruire.
Alle 17 eravamo tutti sdraiati su dei sacchi ripieni di paglia,si consumava una leggera cena e poi fino a quando non si decideva di addormentarsi, qualcuno dalla parola facile ,ci deliziava con dei vecchi racconti ,accaduti veramente con un po’ di colorito e dello umorismo. Mamma mia mia quante risate!!
Vedere la mia mamma accanto a me e ai suoi nipoti mi riempiva il cuore di gioia. C’era abbastanza legna per fortuna! Con la poca luce che le fiamme riuscivano ad darci, potevamo guardarci, parlare. Fatta ora tardi ,nessuno più fiatava. ci addormentammo tutti.
Ricordo che mia mamma e la sorella Isabella rimasero due giorni con noi. Per fortuna ci avvisarono che la corrente era stata già ripristinata nella loro zona ,e le accompagnai a casa l.
Mentre per la zona di San Leonard ( la mia) ,si dovette aspettare ancora un altro giorno.
Domenica 9 Gennaio finalmente anche la mia casa era illuminata. Riaccesi le luci di Natale per la gioia.
Sembrava esser ritornato in una nuova vita.
Ecco quanto ricordo di quella terribile acqua ghiacciata che colpi’ la nostra Belle Provance!
Al momento che scrivo l’Est degli Stati Uniti é colpito di qualcosa che sa molto di più della tempesta di vent’anni fa. La chiamano “bomba meteorologica!”,Sta causando molti danni e purtroppo alcune vittime. Il nostro Quebec, non é risparmiato ,in più da oltre due settimane e sotto una morsa di freddo estremo , FREDDO POLARE!!
Peppino Fazio.
SOLI PER LE VIE DI MANCO DI SCHIAVO.
marzo 27, 2019
NEL GIORNO DELLA POESIA!
SOLI PER LE VIE DI ”’MANCO DI SCHIAVO”
( A MIA MOGLIE!!)
Essendo soli i nostri discorsi coinvolgevano
un po’ il nostro passato, il nostro incontro.
Le nostre prime parole. Il nostro primo bacio” rubato”
alle spalle della cognata vigilante, ma non troppo
in certi frammenti. La paura dei suoceri ,
:”Chi sa se la sposerà” Il rispetto verso di loro.
Rassicurarli con gli occhi che tutto sarebbe andato bene
.
La loro figlia sarebbe diventata ”LA MIA MOGLIE”
.
Le lettere scritte. Quello aereo che ci portava via.
La partenza per la prima volta.Il distacco dolente dai propri cari.
La lunga permanenza prima di far ritorno.
ma molto prima la gioia di avere la propria mamma
alla nascita del primo figlio Francesco!
La grande gioia provata per averli riabbracciati
.E poi ancora un’altro distacco. La venuta dei figli.
Persino la nascita dei nipotini che hanno portato
gioia e amore nella famiglia. Tutto ciò’ apparteneva
ai nostri discorsi.
Ecco La campagna è bella perché è campagna.
Una strada di campagna sterrata
è mille volte più bella e poetica di una pratica
ma monotona strada asfaltata.Essere li significava
per noi trovare qualcosa di differente
dalla città. Anche perché lontani da rumori ,
da occhi indiscreti certe cose si sentono e
si hanno il bisogno di raccontare., perché non
ci capitava spesso di raccontarci il passato!.
Peppino Fazio
+2
LA FIGURA DEL NONNO(terza ed ultima parte).
marzo 27, 2019
LA FIGURA DEL NONNO. (terza ed ultima parte.)
Alcuni amano poco ricordare il loro passato e per giunta non amano nemmeno mettere in scritto e raccontare della propria vita.
Leggendo si ha sempre di che imparare.Alcuni hanno paura di crearsi le cosiddette “TURBOLENZE EMOTIVE”. Non vogliono esporsi a rischi .
Il ricordare fatti e cose vissute durante la loro vita significa per loro avere disturbi che possono creare in loro un disordine e vivere un presente come quelle acque agitate che scorrono sotto i ponti. La canzone di Simon and Garfunkel – “Bridge Over Troubled Water “” dice tutto.
Ricordo che un mio amico d’infanzia nel domandargli se gli sarebbe piaciuto scrivere le sue avventure avute da giovane girovagando in longo e in largo l’ Europa, e dal nord al sud America ,toccando quasi la punta meridionale dell’Argentina, mi rispose che quelle cose erano “SUE” e le avrebbe conservate tutte per se.
Abbiamo rispettato la scelta del nostro amico .Ne avrà avuto tutti i suoi diritti nel farlo ,oppure “NON FARLO”!
Ritornando al caro nonno ,ricordo anche che zappava inginocchiato, dovuto a quel handicap delle gambe. Lo faceva benissimo.Un giorno vedendomi nel bosco indaffarato alla ricerca dei miei amici uccellini,mi chiamò e mi volle mostrare come levare le foglie superflue ( spitugnere) dalla vite senza “denudarla“. La mia testa era al tordo e al merlo.Ci capi’ poco, e lo lasciai.
Non gli piacque la mia partenza e mi rimproverò dicendomi che non avrei mai imparato e capito a cosa sarebbe servito il lavoro.
Senza pensarci due volte gli risposi come un nipotino non dovrebbe mai fare verso il suo proprio nonno:“ Vai a lavorare tu che hai imparato a farlo!!“.
Mi mordo ancora le labbra per aver detto ciò al mio caro nonno Gaetano, anche se poi raccontato ai cari zii Peppino Marasco e Vincenzo Foglia,ci risero sopra divertiti senza cattiveria. .Magari ,non si sarebbero aspettato una risposta così secca da parte mia rimarcandone il mio carattere!
Era molto geloso della sua terra. Guai se qualche estraneo si avventurasse nei pini oppure nelle sue castagne solo in cerca di funghi, ne reclamava lo sgombero immediato.
Magari anche gridandoli a voce alta per far loro capire che quella non era la loro terra e quindi dovevano sgomberare. Un po’ severo il mio caro nonno, ma era fatto cosi’ !
Nonno Gaetano amava fumare il sigaro dalla parte contraria. Metteva in bocca la parte con la brace.Tutti noi, la nonna compresa ci restavamo stupiti.Durante la mia parentisi in Seminario dal 61 al 65 a Roma ,nonna Luisa ci lasciò credo che fosse il gennaio del 62.
Così le mie sorelle e le cugine non lo lasciavano un attimo da solo. Anche Luigino Marasco ,il secondo maschietto gli stava vicino .Durante il mio periodo di vacanze non mancavo di fargli visita.
Lo trovavo sempre più gobbo, l’aria stanca , il peso degli anni lo si poteva leggere sul suo tenero viso e in quei piccoli occhi.
Piegato su quella sedia,oppure nel letto, anche d’estate.Si copriva persino il capo. Aveva già passato la soglia dei novantanni! . Zio Vincenzo Foglia ,a cui non mancava la battuta facile,vedendolo anche lui con il capo tutto coperto ,chiese un giorno a mia sorella Luisa,:“
Hai visto “”si `Iatunieva””?? ( respirava?) Non c’era cattiveria in quella domanda.
Sappiamo tutti quanto bene gli hanno voluto i tre generi, lui , zio Peppino e mio padre! Amava lo zio Rosario e adorava le sue tre figlie, sempre obbedienti. La nonna non era da meno.
Gli piaceva moltissimo l’ acqua fresca con ghiaccio, dopo essersi dissetato diceva sempre compiaciuto:“ É frisca e bella!“
Frase che rimase nel cuore di tutti noi nipoti da Luisa la grande a Caterina ,a Luisa ,Isabella mie sorelle , da Teresa e Maria Luisa Foglia, a Rachele M.e Luisa Marasco ,la più piccola, l’ultima arrivata a Luigi Marru Luvice ,e nel mio naturalmente. .
Come possiamo dimenticarci di questo nostro piccolo grande nonno che con il suo curioso accento Sangiovannese , i suoi racconti sulla vita vissuta in Brasile, le notti fredde e tristi durante quella terribile e maledetta guerra.
Oppure di quella lupa sparata a pallettoni per paura che facesse del male alla sua famiglia che andava sempre a bere in quella fonte sotto la casella in località ARRAFFACA.
Chi sa quante volte ci raccontava con infinito orgoglio di quella nave Austriaca affondata dalla Marina Italiana.Tutto questo ed altro ci permisero di amarlo e volergli bene.
Quando quel quattro agosto del 1967 lasciammo il paese per Montreal, mia sorella Luisa ed io lo salutammo, sapevamo che sarebbe stata l’ ultima volta che l’ avremmo visto, in lacrime lo abbracciammo, gli stringemmo il viso forte con le mani accarezzandogli quella sua canuta barba bianca .
Lui non si scompose, abituato a distacchi con sofferenze dovute alla guerra, alzò gli occhi e ci regalò un ultimo sguardo accompagnato da un sorriso .
In ottobre ,appena due mesi e mezzo dalla nostra partenza, NONNO GAETANO moriva!!!“ Lo venimmo a saper ben due settimane dopo tramite lettera… immaginate!!! .
Per rispetto a quel nostro caro nonno decidemmo di non ascoltare le canzoni in italiano alla radio per oltre un mese.! (Oggi ci prenderebbero per matti!!) .
Grazie nonno Gaetano ,serbiamo di te ancora bellissimi e cari ricordi!!
Peppino Fazio
FINE”
Abbiamo voluto postare alcuni video pertinenti al nostro racconto, la cara Chiusa da noi visitata nell’agosto del 93. Ci scusiamo per la scarsa qualità dei piccoli film. Del resto il tempo non é passato solo per noi,anche i video invecchiano.Un omaggio anche al mio caro zio e “amico” Peppino Marasco.
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Pubblicato da castel48
LA FIGURA DEL NONNO .parte seconda.
marzo 27, 2019
LA FIGURA DEL NONNO (seconda parte.)
Se con nonno Giuseppe ebbi contatti molto brevi e pochissimi ricordi in giovanissima età,con nonno Gaetano Mazzei essendo vissuto più a lungo ( morì nell’ottobre del 67 alla veneranda età di 92 anni!) passai tutta la mia fanciullezza quasi accanto a lui, anche dovuta alla nostra vicinanza.
Come detto precedentemente si spostava con l’aiuto di due lunghi pali a causa di una forte sciatica che lo colpì quando quasi noi tutti nipoti non eravamo ancora nati.
Originario di San Giovanni In Fiore,si stabilì in località Stragola. Dopo aver servito la nostra Patria partecipando alla grande guerra del 15-18 ,volle provare una esperienza diversa ,infatti emigrò in Brasile .
Come ogni giovane emigrato italiano cercò fortuna in quelle lontane terre.
Trovò lavoro in una coltivazione di caffè. Fu di breve durata. Lasciò la terra di Zico e Falcao e ritornò nella nostra cara Calabria.Sposato con nonna MARIA LUISA COSENTINO ebbero almeno 14 figli. Solo quattro per ragioni che non saprei ne sopravvissero. Forse almeno uno mori’ in guerra ,quella del 39. Zio Rosario ,mia madre Caterina ,zia Rosinella e zia Franceschina.
Amante della terra,ne faceva la sua principale risorsa.Dalle olive di RRAFFACA ,località CERENTYA vecchio alla parte toccata alla nonna Luisa in località CHIUSA.Un bel pezzo di terra (allora!) poco distante del vecchio cimitero.
Non so se gli diedero la scelta ,ma lui preferì ed ottenne la parte più in profondità della proprietà.Quella confinante con la famiglia Rizzo.Provvista di una sorgente fece bene a costruirci una vasca che accumulata l’ acqua sorgiva vi annaffiava il suo bravo orticello.
Un boschetto con delle giovani querce,ma soprattutto nella parte sinistra detta tra noi “Manca“ primeggiava un ottimo castagneto.
Innamoratosi di tutto quel ben di Dio ne migliorò la qualità, piantandoci altri alberi, fece un ottima vigna ,ma soprattutto costruendoci una casetta sulla parte superiore , confinante con l’altra sorella di nonna Maria Luisa; Franceschina . Ricordo che allora c’era dalla parte di dietro un grande pino come per proteggerla…quella cara nostra “casella“!
Sarebbe servita per anni da mangiatoia, con la parte alta riempita da buon fieno per le bestie, e di un ottimo palmento. La si pigiava tutta l’uva della zona. Anche la nostra e quella dello zio Rosario in località “Graria“. E per nonna Maria Luisa niente?
Come se non bastasse a fianco alla “Casella“ci fece fare un forno dove la nonna ,mia mamma Caterina e le zie Rosinella e Franceschina potessero arrostire i peperoni, i fichi secchi, cuocerci il pane e tutto quanto sarebbe servito per approvvigionamento nella famiglia Mazzei.
La Chiusa é rimasta nel cuore di tutti noi nipoti.Fu per me quasi una meta quotidiana . In primavera la battevo in lungo e in largo per scoprire i nidi di uccelli. D’ inverno invece per piazzarci le “tagliole“ .
a fianco della Casella si scaricava tutto il “vinazzo” (raspatura) dell’uva pigiata, cosi’ gli uccellini affamati ,soprattutto con le nevicate invernali ci andavano a cercare di che nutrirsi.
Con pazienza aspettavo nascosto dietro quel grande pino e aspettavo che qualche povero e sfortunato fringuello ci abboccasse.
Tornavo a casa felice e contento. I miei soldi che mi erano serviti per comprare le tagliole stavano dando il loro frutto.
Oggi nel raccontare tutto ciò vengo assalito da un forte rimorso. Mi domando come mai abbia fatto cosi’ tanto male a quelle inermi creature!
Conoscevo in quale albero il tordo o il merlo avrebbero costruito il loro nido. Ne seguivo tutta la preparazione fino a quando , con mia grande felicità e forte dolore dei loro genitori ne prelevavo non ancora con le penne almeno quattro ,cinque piccoli .
Notavo nel frattempo che oltre alla creta il Tordo si serviva per rinforzare il proprio nido bene incastrato tra due grossi rami con gli stracci avanzati alla nonna nel rattoppare le sue gonne oppure i pantaloni del nonno al fresco sotto un grande mandorlo..
Un lavoro geniale che ciascun uccello fa per costruirsi la propria dimora e dare una “casa” ai propri piccoli!!
Se la nonna sapeva occupare le sue giornate, nonno Gaetano si occupava della vigna, ne curava ogni dettaglio, era come se parlasse con la vite. Ricordo che faceva stragi di talpe.
Si appostava davanti alla loro tane e quando provavano a cacciare la testa al di fuori ,un colpo di bastone e le faceva secche!
Diceva che quelle bestiacce cavando e camminando sotto terra, avrebbero distrutto la sua cara vigna e il suo orto,altrimenti addio ad anni di duro lavoro!!
Mi diceva tra l’altro:'” Vedi “neputi'”, (nipote), questo animale é nato stupido, ha cambiato gli occhi per la coda. Infatti appresi dopo che le talpe non hanno occhi, non ci vedono!!
Peppino Fazio.
Seconda parte.
Continua.
LA FIGURA DEL NONNO .parte prima.
marzo 27, 2019
” ` LA FIGURA DEL NONNO“parte prima.
Questa voglia di parlare dei nonni forse lo si deve al fatto che da alcuni anni a questa parte sono divento nonno anch’io.
Non ricordo di essere stato preso per la manina e portato a passeggio al parco oppure accompagnato all’asilo,come per grazia di Dio faccio di tanto in tanto con il mio caro Giuseppe.
Nonno Giuseppe (Fazio) lo ricordo pochissimo.Era di una età troppo avanzata quando ancora io ero appena di sei ,sette anni.La sua permanenza negli Stati Uniti (che gli valse poi il nomignolo di Peppinu U Sciualu!( diceva sempre “SURE SURE,)“non gli permise di stare vicino ai nipotini, forse i cugini più grandi se lo ricorderanno meglio di me.
Insieme alla nonna Maria Francesca Macchione misero al mondo sette figli.Quattro femmine , Mariuzza, Isabella, Rosina e Caterina e tre maschi f Zio Vincenzo, Mio padre Francesco e zio Antonio .Tutti deceduti
Sarebbe troppo lungo descriverne le loro unioni.Accenno solamente per il beneficio delle cugine Mary Giuliano, Rose Jones, e Isabel Ammirati tutte Canadesi, che vivono in Alberta e in Colombia Britannica che zia Isabella sposò Francesco Aiello un vedovo,allora “sindaco“ di Casino (Castelsilano!) .
Zia Isabella fu sfortunata. Un giorno giocando con la sorella Mariuzza ,venne colpita involontariamente con un pennino in un occhio ,ferendola per la vita.Ricordo la zia sempre con un fazzoletto in mano per via del suo lacrimare continuo! Allora si usavano quelle penne con un lungo pennino, che immerso nell’inchiostro dava la possibilità di scrivere su un foglio di carta.
Malgrado questo handicap portò alla luce sei figli.Saverio ,Rosina, Pietro, ( Rose e Mary) Ottavio, Matteo e Carolina (MARIA ,E ISABEL).Volevo molto bene alle mie care zie “SCIOLE“e naturalmente agli zii “sciuali“ Vincenzo, e Antonio.
Nonno Giuseppe lo ricordo pochissimo.Quando ancora noi abitavamo sotto “`A Vota“ di Pietro Brisinda, in affitto, accompagnavo mia madre quando, rimasto vedovo, andava a portargli del mangiare.Vedendolo seduto ad tavolo tutto silenzioso ,era solito portare una giacca sulle spalle, vedendone una manica pendere, gli feci
:“Perché questa `cosi`??“Lui non rispose.Vidi mia mamma prendermi da un braccio ,mentre con gli occhi m’indirizzo’ un fulmine.
Mi tirò in dietro, quasi per dirmi ,fatti gli affari tuoi!
Non ho mai saputo da ragazzo casa fosse successo al nonno Giuseppe.,ma lo venni a sapere in seguito ,qualche tempo prima gli avevano amputato l’ intero braccio.
Quindi si teneva coperta la parte offesa.Mi feci rosso come un peperone. Non ebbi il coraggio di guardarlo. Lui invece ,diede uno sguardo alla mamma ,come per dirle :“Che fai, non vedi che é un bambino!“
Mi afferrò con l’ altro braccio e mi strinse tra le sue ginocchia.Fu allora che lo guardai.Toccato dalla sua tenerezza, mi strinsi più forte a lui. Chi sa cosa avrà pensato in quel momento!,sicuramente era felice di stringersi un piccolo Giuseppe.
Dopo di quel giorno andavo tutti i giorni a trovare il mio caro “Nonno u Sciualu!!
Moriva purtroppo pochi mesi dopo.Quella casa di Giuseppe Fazio diventò la nostra casa.Mio padre con sacrifici e sudori canadesi, ne pagò le parti ai fratelli e ne divenne proprietario assoluto.
Riparata e alzata di un piano nei primi anni sessanta ,ci abitammo fino al 1967,mio padre ,Luisa ed io .Ma dal maggio del 71 .Emigrarono anche mia mamma ed Isabella a Montreal.
Passo’ da un villeggiante all’altro,con strette al cuore!! Per poi venderla definitivamente nel 2007 ad un mio caro amico d’infanzia; Antonio Saverio Durante.Oggi riparata ,ristrutturata e modernizzata ha un ottimo aspetto .Il cuore mio freme nel solo rivederla su una foto,pur non essendo più la nostra cara casa!!
Peppino Fazio.
Fine prima parte.
Continua.
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AVVERTIRE IL PASSARE DEL TEMPO
marzo 27, 2019
“AVVERTIRE IL PASSARE DEL TEMPO”
Tradotto in una sola parola questo “titolone” significa “invecchiare”.
Ma come avvertiamo l’arrivo del nostro “invecchiamento”. Escludendo a priori il mutamento fisico ,come i capelli ,l’apparizione delle rughe ed altro.
Il nostro invecchiamento incomincia dalle cellule che il nostro cervello possiede. Si parla di milioni e milioni che”affollano” all’interno della testa e ben protetto dal cranio. Con l’avanzare degli anni queste cellule causano l’invecchiamento cerebrale , diminuendosi nel numero e nel volume.
Si incomincia a non ricordare i nome delle persone, dei luoghi visitati e magari di quello che si é discusso qualche giorno prima in famiglia.
Alla nostra età (70 anni!) questo fenomeno é più che normale.
Si ha la capacità comunque di ricordare cose ,persone ,luoghi che hanno avuto a che fare con noi fin dalla fanciullezza.
Ne riportiamo filo per filo ogni attimo vissuto,”obbligando” la nostra mente ad un lavoro supplementare , utilissimo ed essenziale per tenere in esercizio le nostre cellule evitando il loro rapido invecchiamento .
Lo scrivere ,raccontare ,andare alla ricerca di quel “bambino” ,dell’ adolescente ” e del ragazzo sedicenne che “scopre il mondo” ,una volta fuori dal Seminario ,come fu nel nostro caso ,ha un’importanza primordiale.
Sapere che certe cose si sono apprese a quell’età,sebbene in ritardo siano servite ad arricchire il nostro bagaglio personale.
La penna ( oppure la tastiera) corre velocemente e tutto il nostro passato con esso. Lo riportiamo ,lo animiamo,lo facciamo nostro, anche a beneficio di chi legge.
A questo punto la nostra mente non ha più scuse, DEVE muoversi, DEVE lavorare ,DEVE tenersi sana ,DEVE conservare la sua freschezza ,la sua memoria.
Noi che abbiamo avuto la fortuna di crescere a fianco a gente colta, geniale che ci ha sempre spinto alla lettura, alla meditazione . Ci ha insegnato come tener attiva la mente, ecco per cui molto spesso e ben volentieri ci “sciogliamo” nei racconti della nostra infanzia e gioventù , cosi’ facendo non cade in uno stato di dimenticanza.
Il raccontare il nostro passato ,e questo lo scriviamo a beneficio di tutti provoca in noi emozioni ,sensazioni, pulsazioni che dal cuore vanno al cervello ,oppure viceversa.Uno stimolo in più per tener attive le nostre cellule.
Capiterà che alcune volte rischiamo di ripeterci,magari raccontiamo più di una volta lo stesso episodio. Non sarà perché lo abbiamo dimenticato , ma piuttosto quel periodo vissuto in fanciullezza ha lasciato in noi un ricordo indelebile, dove si é sofferto la perdita di un caro, e magari dove il periodo vissuto non é stato piacevole, come nei primi anni cinquanta in tenera età aver “sopportato” e subito in varie circostanze l’emigrazione di nostro padre e di familiari a noi tanto cari.
in questo istante avvertiamo anche noi “IL PASSARE DEL TEMPO”,basta saperlo accettare,tralasciare i mutamenti del corpo,tanto nessuno potrà mai fermare le rughe ,le gambe che non sono più solide come una volta,le nostre spalle anno dopo anno sempre più curve.
Concludiamo con queste nostre riflessioni già mostrate in altre occasioni. Ci hanno lasciati pensierosi un po’ ma ci hanno conviti che purtroppo sarà una realtà per tutti.
PEPPINO FAZIO.
Il peso degli anni che passano inesorabilmente. Le cose quotidiane da gestire in ogni suo piccolo dettaglio, i sacrifici, le incertezze, la paura di sbagliare mosse e interventi e di perdere le occasioni che giornalmente si presentano davanti a noi .
I sogni quelli realizzati gratificano ,mentre altri un po’ sbiaditi dal tempo sembrano ad un passo, ma appaiono ancora troppo lontani.
Forse sarà meglio lasciarli sfuggire,farli perdere nel nulla facendoli dilatare!
E poi la stanchezza fisica , il corpo che manda segnali, come per farci notare che non siamo fatti di ferro , al minimo sforzo qualche muscolo si “lamenta”.
Se non é il braccio é il ginocchio anche perché i nostri vent’anni sono ormai lontani anni luce.
Basta girare la terra dell’orto,piantare gracili piantine dopo richiede una piccola pausa , come se qualcuno ci invitasse a respirare piano e profondamente.
É come se ci dicessero che dobbiamo prendere cura di noi stessi ,del nostro corpo..
Coscienti di non poter più tornare indietro ,se non solo con la mente. Rievocando quel tanto caro passato ,andiamo alla ricerca della nostra memoria , dando un’anima a cose, luoghi ,persone a noi tanto care.Questo é quanto occorre alla nostra mente per non farla invecchiare!!
Peppino Fazio.
+26
L’AMERICA!!
Una America sconfinata , c’é l’America degli Oscar che tiene svegli milioni di persone in tutto il globo perché il fascino degli Oscar é troppo grande.
Il mondo di Hollywood con i suoi “abitanti” si cimenta, si manifesta nello spazio di quattro ore sfoggiando vestiti mai indossati prima,scollature quasi al limite, e tutto il loro talento.
Capigliature nuovo stile e personalità in ogni partecipante. Corpi esili con abbronzature alla lampada , anche perché molte di loro sono candidate alla Statuetta. Ciascuna vorrebbe apparire la più bella ,la più attraente .
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Tra i partecipanti e con molta nostalgia lo diciamo, non ci sono più i grandi protagonisti che ci hanno accompagnato nella nostra fanciullezza, e nella nostra gioventù, come Roger Moore , John Wayne , James Stewart , Loren Green ,
Michael Landon.Ecc.ecc.
Attori che ci hanno fatto conoscere Hollywood e il suo mondo.
Il talento non manca soprattutto tra il popolo di colore. Sono loro i protagonisti dei migliori films accreditati all’Oscar.
Mostrano padronanza ,vestiti anche loro con stravaganza, con anelli che mandano messaggi.
“Roma” di Alfonso Cuarón è la ricostruzione di un ricordo, un ritratto in bianco e nero … in un Messico dove tutto coesiste, il benessere ostentato dei padroni ,o dei padroni con eccezionalità .
Addirittura qualcuno si esprime nella sua lingua madre con sottotitoli in inglese . Tutto preparato ,tutto scritto ,tutto deve passare come messaggio.
Ecco il “muro” quel muro che fa impazzire americani e messicani. Perché nessuno lo vuole .É considerato qualcosa come una offesa alla libertà, con punzecchiature a chi ne ordina la costruzione e a chi governa l”America. Questa é l’ America degli Oscar.
Ma c’é un altra America quella malcontenta, quella che mostra segni di povertà molto nascosta dai Media. L’America dagli uragani, dalle tempeste di neve interminabili. Con tre ore di volo si passa dal freddo polare di Chicago al sole cocente del Nevada ,dell’Arizona.
Pensando al Nevada ,il primo pensiero vola a Las Vegas,la città del vizio, dove si gioca con quelle maledette macchinette , rovina e salvezza di molti giocatori accaniti. Dove la prostituzione É LEGALE!! .
Città costruita in pieno deserto approvvigionata come acqua dal fiume Colorado, purtroppo negli ultimi tempi é diminuita la sua portata.
Ma le sue attrazioni turistiche sono grandi opere che rappresentano le migliori città Europee, come Parigi, Roma, Venezia e New York. Oltre ai suoi Hotels dai nomi sofisticati e attraenti, come il Marriott.
Las Vegas la città di Elvis Presley. Non si può’ mancare ad uno spettacolo di quelli che “incarnano ” il nostro Idolo .Sembra tutto vero e realistico. Il Vero Elvis sta davanti agli spettatori in estasi che si fanno trasportare ,anche dopo 40 anni dalla sua morte.
Pensando all’Arizona si pensa al GRAND CANYON. Una meraviglia tra le meraviglie nel mondo. Quando si arriva sul posto si ha la sensazione di fare un tufo nel passato. In quel passato dove la TV e molti films ci hanno portato.
In un mondo del Far West dei pistoleri infallibili ,oppure degli americani intenti a sconfiggere legioni di Indiani. Quelle guerre tra Sioux e le giacche blue.
Alcuni posti sono rimasti come siti turistici tali e quali come erano una volta ,con i loro carri ,i loro cavalli i loro cimiteri e le loro tende fatte di pelle ,erba a forma di coni.
il Gran Canyon,immenso ,profondo, di colore rossastro come quelle montagne e deserti che ammiravamo nei films Western. Un emozione incalcolabile.
É vero ,una volta la ti senti attratto e risucchiato in quell’epoca, l’epoca dei Cowboys ,si ritorna bambini quando tutti seduti per terra in quella sala della DC nel nostro paesello guardavamo Rin Tin Tin , il cane “EROE” di quella famosa serie..
Vincevano sempre gli americani contro i poveri indiani. Non si può’ lasciare quel posto incantevole senza guardare verso il basso.
Una profondità impressionante. Guardando sotto c’é il rischio di soffrire di vertigini. Il fiume Colorado calmo e lento scorre da secoli in quella profondità da brividi. Si dirige verso Las Vegas per alimentarla della sua preziosa acqua.
Questa é l’America. Almeno una piccola parte, vista e raccontata do noi.
Peppino Fazio.
Pubblicato da castel48
ANNO 2018 18.MO ED ULTIMO CAPITOLO
marzo 4, 2019
ANNO 2018 . 18.MO ED ULTIMO CAPITOLO.
E cosi’ dopo la bellezza di ventidue giorni trascorsi all’ospedale feci ritorno a casa.Era il 22 ottobre 2018 . Ma lasciai scritto in francese ad una specie di lavagna bianca in quella stanza che fu solo mia per 22 giorni dei sinceri ringraziamenti a tutto il personale dell’ospedale ,che mi aveva assistito in tutto quel tempo. Me ne portavo tantissimi ricordi,buoni , brutti e tanti fiori!!
Finalmente rivedevo la mia cara casa. Finalmente potevo dormivo nel mio caro letto, e guardare la TV.
Ma soprattutto una volta tolta quella specie di cannuccia dalla gola e rinchiuso il foro con almeno cinque punti , ricominciai a parlare.
La sonda era scomparsa e provai a sorseggiare con la mia bocca, tutto doveva essere frullato e liquido. Lo stomaco passo’ da alimentazione cremosa artificiale (povero stomaco mio!!) ad una alimentazione naturale.
Rivedermi in casa mia era un’altra sensazione. Potevo alzarmi dal divano ,passeggiare ,fare quei 43 ‘ ( 13-14 metri) su e giù molte volte. Incominciare ad utilizzare il computer. Ben presto la mia vita normale e con la lenta guarigione ,stava per iniziare il suo lungo percorso.
Non era facile alimentarsi sempre alla stessa maniera ,anche se i cibi sebbene frullati fossero svariati. Mi accorsi di aver perso molto peso dopo l’operazione.
Quella stessa “pappa” che attraversando il mio naso grazie ad una sonda e si dirigeva nello stomaco mi teneva in vita ma era priva di una vera e propria alimentazione.
Una sera mi fu quasi nefasta. Mi provoco’ un “blocco” nella gola ,come spiegai nell’altro capitolo, quasi a soffocarmi.Adesso era diverso il mio nutrimento ,naturale era “reale”.
Inutile dirvi che erano moltissime le telefonate che mi arrivavano ,soprattutto dall’Italia, dal caro paesello, Da Milano ,Torino, da Bologna, da Roma. I miei cari cugini volevano sentire la mia voce ,avendo saputo che rimasi per almeno due settimane senza poter parlare.
Volevano che dicessi loro come fosse il mio stato di salute, e nel sentirmi parlare si rallegravano tutti.
Intanto il 3 novembre era alle porte. I miei figli Claudio , Francesco con Christina ,a mia insaputa avevano preparato una festicciola per il mio 70.mo compleanno. Cercarono di tenermela nascosta, ma dalle conversazioni che facevano in segreto con Lina ,incominciai a sospettare.
Quel 3 novembre arrivo’ subito. Francesco si preoccupo’ di portarmi con la sua macchina, dato la mia impossibilità di guidare.
Venne anche Patrizia la sua amica e Lina.
Entrando nel ristorante i miei più cari erano tutti la ad aspettarmi,praticamente tutti coloro che non cessavano a venirmi a vedere all’ospedale.
Fu una gran bella sorpresa,( dovevo fingere un po’!) Passammo un bellissimo pomeriggio. Cercai di mangiare piano ,e addirittura la nuora Christina penso’ bene di farmi frullare gran parte del cibo.
Mi emozionai al momento della torta. SETTANTA SONO SONO SETTANTA!! per giunta festeggiati dopo un delicatissimo intervento!
Ringraziai tutti uno per uno .Le sorelle Luisa con Tonino e Isabella visibilmente emozionati, come del resto lo erano tutti gli altri.
Tornai a casa c’era ancora il sole in quel pomeriggio.
Dolce presagio e un buon augurio per il proseguimento della mia vita per altri cento anni ancora e per una guarigione lenta ,ma perfetta.
Al momento che scrivo , oggi é il 14 febbraio ,giorno degli innamorati,e termino questo mio 18.mo ed ultimo capitolo facendo gli auguri a tutti gli innamorati , all’ omore delle famiglie ,dei figli, dei genitori all’amore di tutti.!
Inoltre spero che questi miei 18 nuovi capitoli ” ANNO 2018 ” vi siano piaciuti,e chi avrà avuto la bontà e la pazienza di leggerli non si sia annoiato. Ringrazio tutti indistintamente.
VI VOGLIO BENE A TUTTI.!!
fine 18,mo ed ultimo capitolo.
Peppino Fazio.
+3
ANNO 2018 CAP. 17.MO
marzo 4, 2019
ANNO 2018 CAP. .17.MO
Vi era mai successo di svegliarvi dopo un lunga nottata e aprendo gli occhi vi trovereste in una stanza sdraiato in un letto diverso dal vostro , con l’impossibilità di muovervi e non poter dire nemmeno una parola perché anche se volendo qualcosa ve lo impedirebbe?
Successe tutto ciò’ a me quando mi svegliai e guardandomi a attorno vidi tanti fili che dal braccio sinistro si collegavano ad una specie di Holter , pronto a segnalare qualsiasi anomalia che si sarebbe prodotta nel mio corpo.
.
E come se non bastasse notai che una sonda partendo da due bottiglie di plastica posizionate a capo sotto sorrette da un “palo metallico” ripiene di un liquido cremoso era diretta al mio naso incollata da uno sparadrappo tanto fastidioso che mi veniva la voglia di tirarlo via! .
Mi verrà detto poco dopo che quella era l’unica mia alimentazione almeno per tre settimane.
Alzando gli occhi ,e con grande sorpresa mi vedi accerchiato da tanta gente. Gente a me cara, mia moglie ,i figli ,la nuora,e due infermiere pronte a sistemarmi e mettermi in una posizione la più confortabile possibile, se ne fosse stato necessario..
Ecco quanto mi riservo’ il mio risveglio , dopo una operazione durata ben dieci ore, e più altre due per svegliarmi. Fuori era buio pesto, dovevano essere le 8 o le 9 di sera.
Lina é Christina non avevano mai lasciato l’ospedale. Pazientemente rimasero li ad aspettare. Sapevano che sarebbe stata una lunga attesa.
Mia nuora con il cellulare chiedeva informazioni su di me, senza averne alcuna. Nessuna novità fino a quando non le fu comunicato che da li a poco in serata mi avrebbero portato al 15.mo piano.
Immaginate la frenesia e con quanta impazienza le mie due care donne si prestarono a montare in quell’ascensore che le avrebbe portate alla mia stanza.
Fu la che mi svegliai al completo e li vidi tutti . Mi aspettavano! Franco scattava foto. La prima che si avvicino’ fu Lina,mi passo’ la sua mano sul viso per darmi una dolce carezza,accennai ad leggero sorriso. Ma mano si avvicinarono gli altri.
Tutti indistintamente accarezzavano il mio viso, leggermente quasi con timore che mi non facessero male,visto il mio braccio sinistro con svariati fili, quello destro ricoperto con una specie di casco, ma non di gesso.
il naso occupato dalla sonda, mentre una cannuccia piazzata sotto il mento collegata a dell’ ossigeno mi permetteva di respirare in via non naturale.
Da Claudio e Christina, da Franco a Patrizia, da Lina ,tutti avevano gli occhi rivolti su di me. Si accorsero della mia impossibilità di parlare ,mi chiedevano come stavo ,rispondevo loro solo con segni.
Ma tutti avevano l’aria di essere contenti di rivedermi, immobile in quel lettino, ma almeno ero sveglio .
Dalle ultime notizie i miei cari vennero a sapere che tutto era andato come previsto. L’operazione era riuscita alla perfezione. Adesso incominciava il lunghissimo periodo di ricovero.: la guarigione.
Immobilizzato com’ero avevo bisogno di tutto o quasi. Lina decise di starmi vicina ,dormendo ( si fa per dire!) nella stessa stanza su una scomoda sedia a laicyboy ,come accennato.
Tutti vennero a sapere della mia operazione. Lina mi diceva che il telefono suonava continuamente, i parenti tutti si domandavano del mio stato.
E cosi’ incominciai ad ricevere le prime visite. Le sorelle Luisa e Isabella vennero un giorno per due ,tre ore .Il cognato Tonino purtroppo dovette attenderle sotto perché colpito da bronchite. C’era il timore per un contatto ,e ne soffri’ moltissimo il caro cognato.
Vennero un altra volta e ci rimasero una giornata intera.Mi fecero molta compagnia. Venne Caterina con Johnny . Anche la nipote rimase un intera giornata con me. Vennero Francesco ed Angela, Giulio Guarascio, il mio figlioccio .Vennero Agostino e Natacha con Anthny.
Ebbi la gioia di ricevere la visita anche del mio vecchio amico Pietro Cianciullo con sua moglie Maria. Grazie alla Electrolux insieme da oltre quarant’anni!
Vennero moltissime volte i miei figli e Christina ,, mentre Patrizia con Franco accompagneranno sempre Lina .
Vennero tutti tante volte , ma soprattutto vennero i miei due cari nipotini Giuseppe ed Erica.
Con loro al fianco mi facevo il giro del piano. Mi era stato ordinato che avrei dovuto camminare per impedire che i miei muscoli delle gambe non si addormentassero . Lo facevo ben volentieri.
Avevo sempre qualcuno a fianco.
Durante i miei 22 giorni fui assistito da infermiere ,dottori e preposé (guardiane) magistralmente. Uno su tutti ,un libanese, tifoso del Barcellona, saputo la mia passione per la Juventus ,un giorno si presento’ in camera con una foto gigante di CR7 (Ronaldo) .:”” Ecco, é per te M . Fazio!” Lo abbracciai.
Ma ci fu una sera di grande paura . Qualcosa blocco’ il mio respiro ,rischiando di soffocare, vidi Lina disperarsi.
“FECE GENTE” come si dice nel nostro dialetto, dando l’allarme. Quasi all’istante mi vidi accerchiato da sette tra dottori e infermiere che mi fecero rigettare tutto.
Telecamere via naso e via bocca per assicurarsi che niente fosse rimasto nella gola ed oltre fino allo stomaco.
Passata la paura,mi sentii come rinato. Andarono via tutti dicendomi:” Tutto OK signor Fazio. Buonanotte” .
Fu in quel momento che Lina avvicinandosi al mio letto mi abbraccio’ senza dire una parola, ma nei suoi occhi si poteva leggere tanta serenità ,
Mi addormentai , si addormento’ anche Lina questa volta come non l’ho avevamo fatto prima mai!!.
Fine 17.mo Cap.
continua.
Peppino Fazio.
ANNO 2018 CAP. SEDICESIMO
marzo 4, 2019
ANNO 2018 CAP. 16.MO
Altre volte ,in tempi lontani tornando dal paesello si aveva sempre modo e maniera per cullarsi nei ricordi del tempo trascorso con gente con la quale si erano divisi momenti indimenticabili , oppure riavere la gioia di rivedere i luoghi visitati a noi tanto cari grazie alle innumerevoli foto scattate .
Mi dilettavo ad riascoltare su cassette otto piste le innumerevoli canzoni che erano state dei veri tormentoni di quella estate appena trascorsa.
Poi con l’avvento delle video camere tutto divenne facile e stupendo . Mi divertivo a filmare tutto e tutti. Persone a me tanto care ,luoghi dove mi videro trascorrere parte della mia infanzia . Grazie ai video formato VHS potevo rivedere e sentire persone a me tanto care. Fu nel 93 che ebbi la gioia di possedere una video Camera.
Anche in questo mio ultimo viaggio in Italia scattai centinaia di foto con lo smart phone e e filmai tantissimo con la mia camera digitale.
Questa volta purtroppo non ebbi tutto quel tempo che mi avrebbe permesso di tuffarmi e farmi trasportare da quei indelebili ricordi. Non vi dico la nostalgia che si provava allora , e ogni qualvolta che facevo ritorno al paesello, purtroppo dovetti rimandare il tutto.
In meno di 24 ore dal mio atterraggio ,mi son ritrovato in ufficio di uno specialista dell’ ORL dove dopo aver fatto un rapido controllo agli ultimi miei esami fatti in bocca quattro mesi prima , mi fece capire con poche parole la necessità di sottopormi al delicato intervento . Ad un certo punto mi sento farmi questa domanda in francese:” Etes- vous pret M. Fazio?”
Trovai la forza di capire, ma no ne ero sicuro .La mia nuora Christina era sempre al mio fianco ,si volse verso di me come per dirmi:””SO?” ALLORA?.
Quanto avrei preferito che non mi fosse mai rivolta quella domanda .Sembrava che qualcosa si fosse arrenato nella mia mente. Sembrava che qualcosa mi impedisse di reagire.
Eppure nel mese di giugno ne avevo avuto un un idea,infatti
Doctor AYAD mi aveva esposto e spiegato come sarebbe andato il mio intervento.
Lo avevo dimenticato? No! Forse avevo ancora la testa in quella Vinella di Via Garibaldi. Ma allo stesso tempo sapevo che avrei dovuto prendere una grande decisione.
Non trovavo le parole per come rispondere al Dottore . Occorreva inventarle…. di sicuro ….e come?
Doctor Ayad capita la situazione mi lascio’ solo con Christina. Ci furono momenti di silenzio. Mia nuora aspettava che fossi io il primo a parlare, titubante guardavo in quell’ufficio ogni cosa , e notavo come fosse messa in ordine e al proprio posto . Invece fu Christina a parlare per prima:”
:””Hai sentito il dottore?” Mi fa :” E’ meglio adesso che sei più’ giovane, dopo sarà più complicato ,anche perché il male potrebbe propagarsi e dirigersi più’ in profondità’ e sara’ più difficile eliminarlo.”
Ascoltai la mia nuora come se fosse in quel momento il mio confessore.
Doctor AYAD mi aveva appena detto le stesse cose,Christina lo faceva per convincermi ancor di più’ .
Pensandoci e “ritornando” in quella stanza , decisi e accettai! Convinto che sarebbe stata la miglior decisione da prendere.
Mi fu data un data.:”M Fazio ,On va vous opéré le premier octobre!””
Restavano 25 giorni per procedere alla preparazione necessaria.
Ma come trascorsi quei giorni? Avvisammo tutti in famiglia , almeno quelli più stretti.
Lina certamente non fece salti di gioia.Sapeva già a cosa sarei andato incontro e si preparava all’ “”EVENTO”” con rassegnazione, ma allo stesso tempo con molto coraggio .
Chi al suo posto mi sarebbe stata più vicina? Chi avrei avuto al mio fianco in quella stanza d’ospedale?.
Chi mi avrebbe aiutato a scendere dal letto e accompagnarmi al bagno?
Chi avrebbe chiamato le infermiere e dato l’allarme per soccorrermi in caso di soffocamento? .( come succederà!) .
Chi avrebbe passato notti intere senza quasi mai chiudere un occhio e seduta su una sedia foderata di plastica fredda e scomoda?
Tutta la famiglia intera mi stara’ vicina , dai figli Francesco, Claudio alla nuora Christina, a Patrizia ,amica di Francesco .Alle sorelle Luisa e Isabella e alla cara nipote Caterina con Johnny , figlia di Luisa. Agostino e Natacha ,il caro nipote Francesco Miele con la sua ragazza Angela. .Tutti mi aiuteranno dicendomi parole di incoraggiamento .
La mattina del primo ottobre accompagnato da Lina e Christina ero già in sala d’attesa. Da li a pochi minuti non avrei più visto le mie due donne più care al modo , Lina la mia cara sposa con la quale divido cose belle e meno belle da quasi quarantatré anni, e Christina la mamma dei miei due cari nipotini .
Entrai quando era ancora buio pesto ,senza vedere la luce del giorno. Quel primo ottobre non l’ho mai vista!
E cosi’ mi ritrovai solo . Come si fa a non essere in apprensione?, come si fa a stare sereno anche se mi era stato tutto spiegato prima.
La sola cosa che sapevo era che mi avrebbero addormentato e che mi sarei svegliato solo quando fosse tutto finito.:”
Chi sa per quanto tempo. :”Durerà’ quanto questo mio intervento? . ” Mi domandavo.
A queste ed altre domande non riuscivo a darmi una risposta.
Ricordo solo di esser stato portato in una sala operatoria con molte luci che mi abbagliavano. Caddi un profondo sonno, senza poter ricordar più niente!
Fine Cap. 16.mo
Continua.
Peppino Fazio.
Tante e quante foto direbbe qualcuno.! Questo é un po’ del mio passato ,del nostro passato condiviso con persone care che non ci sono più e che ci hanno dato gioia e amore con la loro presenza. UN TRIBUTO A CHI NON C’E’ PIÙ!!!!!
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ANNO 2018 CAP. QUINDICESIMO
marzo 4, 2019
ANNO 2018 CAP. 15.MO
Ogni qualvolta che lascio il paesello mi viene in mente quel 4 ottobre del 1962 , quando lo feci per la prima volta destinazione Seminario della San Paolo in Roma.
Solo a vedermi in una macchina a noleggio in una fredda mattina d’ ottobre,il cuore si rattristava e venivo assalito da una forte tristezza .
Stavo per lasciare la mia cara mamma ,le mie due sorelline e il mio caro paesello. Secondo le previsioni non sarei ritornato a casa per le vacanze non prima di dieci ,undici mesi!! :” Mamma mia quanto tempo! ” Chi c’é l’avrebbe fatta!
Passo’ tutto quel tempo come passarono i lunghissimi otto anni quando emigrai in Canada nell’agosto del 67 per poi far ritorno al paesello solamente nel luglio del 75!
Fu triste allora in quel lontanissimo 1962 , fu tristissimo in quel 4 agosto del 67 .
Lo e’ stato ancora lo scorso 4 settembre , dopo aver trascorso poco più di un mese al paesello con parenti e amici cari di lunga data.
Sapevo cosa mi sarebbe aspettato una volta rientrato a casa, ma ancora non volevo animare quel pensiero.
Fu ,come in altre occasioni la cugina Maria Luisa Foglia da farmi da “noleggiatore.”
Caricammo le valige in quella sua lunga automobile .
Erano già le 20 e 30. L’autobus della Simet avrebbe lasciato San Giovanni in Fiore per Cosenza non prima delle 21 e 45. :”Saremo in anticipo” Mi fa la cugina.: É meglio partire con il tempo, non si sa mai …” Le risposi.
Con noi volle venire anche l’altra cugina Teresa ,più che altro per far compagnia a Maria Luisa nel ritorno..
Nessuna obiezione.Ci avviammo calmi , ad andatura sostenuta.
sebbene fosse notte , in un silenzio totale in macchina cercai di guardare fuori dal finestrino , come facevo quando viaggiavo primi anni sessanta via treno tra Roma e Crotone e viceversa.
Ne osservavo tutto, le case, le strade con i suoi incroci. Una debole luce illuminava quella stradetta , ma sufficiente per distinguere le cose.
Attraversammo quelli che una volta erano ” GLI OTICELLA” tempo fa ci costruirono una specie di “variante” che si collega con la vecchia “‘ARIA AVENA”, passando prima dall’Edifico Scolastico , per poi continuare per la “GRARIA ” sezione (LINZA) DOMENICO PICCOLO detto “”U BOSCU”
Lasciammo quella discesa e imboccammo la galleria . Subito quello odore acre e nocivo di fumo colpi’ il mio odorato. É sempre stato cosi’. Non provvista di sistema di aerazione ,bisognava sottostare al suo inquinamento, per fortuna breve, poco più di due km.
Era già’ buio pesto, entrandoci tutto si fece più buio anche nel mio cuore. A cosa serviva girare la testa per poter vedere ancora quella debole luce dei lampioni del Corso e delle case in alto di VIA CROCI .
Tutto era coperto. Avevo solo un ombra davanti ai miei occhi .
Al contrario di altre volte che partendo di mattina presto,facendo la strada che porta al Bivio potevo scorgere dal finestrino un po’ di tutto. Dal Vecchio Cimitero con il suo secolare Cipresso.
La Curva di San Leonardo, le Castagnelle,i vecchi Caprari, la GRARIA, e passando da San Rocco sentivo l’obbligo e il dovere di dare un saluto ai nostri cari morti .
Una volta attraversato Il Bivio, mi rendevo conto anche qui che purtroppo il PAESELLO era ormai alle spalle e il cuore si rattristava.
Sensazioni e tristezza avute tantissime volte. Lasciare il paesello non e’ stato mai facile per nessuno.
Aspettammo un po’ prima che la navetta arrivasse che ci avrebbe portati a Cosenza, per poi continuare con un vero autobus per Roma.Ci salutammo con le cugine Foglia. Me li strinsi forte al petto.
Salutammo anche i cognati Antonio e Maria,anch’essi venuti a salutarci ,consegnandoci dei panini ; della frutta e del caffè per la mattina dopo una volta arrivati a Roma.
Fu un lungo viaggio di sette ore. Arrivammo alla Tiburtina all’ alba Roma dormiva ancora. Le strade erano ancora illuminate. Solo qualche macchina circolava. Oltre ai soluti taxi.
Ne prendemmo uno per farci condurre all’ Aeroporto.Ad un tratto mi accorsi che l’autista aveva imboccato la super strada CRISTOFARO COLOMBO, ,ne rimasi stupito.
Ricordai in un frangente quando nel lontano 1963 Il nostro caro Maestro Don Attilio Malachini ci porto’ ad uno dei suoi lati ,perché’ da li a poco sarebbe passato in una decapottabile il presidente degli Stati Uniti D’America John Kennedy con l’allora il nostro presidente della nostra Repubblica Antonio Segni. Fu un sogno. Due personaggi che vedevo di tanto in tanto in TV al paesello al TG UNO.
Mentre la mia mente tornava indietro ad oltre 55 anni , qualcosa d’altro colpi’ il mio sguardo .Sulla mia destra vidi che si ergeva maestoso il Santuario REGINA APOSTOLORUM della San Paolo.La chiesa Del mio Seminario che avevo visitato appena un mese prima, sostandoci due giorni.
Emozioni sopra emozioni.Batti cuori sopra batticuori.Il taxista si meravigliava di quei miei meravigliosi ricordi.Si congratulava per la passione col la quale gli raccontavo quelle cose.
Salutammo anche lui,una persona molto gentile.
Ci trovammo soli. Mi sembrava che tutto e tutti fossero lontani anni luce da noi, era il caso di dire :”MA DOVE SIETE AMICI MIEI, PARENTI CARI TUTTI!!??
Erano lontani fisicamente,ma li avevo tutti nel mio cuore.
Dopo aver fatto il Check-in ,passammo un paio d’ore prima di salire a bordo . Nel frattempo avevamo consumato la colazione che la cognata Maria Martino ci aveva preparato la sera prima.
.
Un rombo ci avvisava che il 380 della AIR -TRANSAT stava per decollare.
Atterrammo a Montreal dopo poco più’ di otto ore e un eccellente viaggio.
Venne a prenderci all’aeroporto il nostro figlio Claudio.
Era il mercoledì del 5 settembre 2018.
Sapevo cosa mi sarebbe aspettato il giorno dopo , il 6 .
.Avevo un appuntamento molto importante con lo specialista in ORL.
In quella stessa mattina avrei dovuto prendere un forte decisione!!
Fine Quindicesimo capitolo.
continua .
Peppino Fazio.
ANNO 2018 CAP. QUATTORDICESIMO
marzo 4, 2019
ANNO 2018 CAP. QUATTORDICESIMO
Ormai i giorni di vacanza rimanenti a nostra disposizione si potevano contare sulle punta delle dita. Anche per questa volta avevamo assistito alla tradizionale Gara degli Asini,e ai festeggiamenti per la Madonna della Campagna.
Due avvenimenti che attirano ogni volta molta gente, anche dai paeselli vicini.
Per noi che ci capita di assistervi una volta ogni quattro ,cinque anni, ci rimangono tanti ricordi e c’é ne portiamo tanta nostalgia.
La cugina Maria Luisa Foglia una sera si “Invento’ ” ,una mini serata a base di pizza. In quel grande garage che una volta fu luogo di lavoro sia per lo zio Vincenzo ,ma soprattutto per la cara zia Rosinella .
Aveva sempre qualcosa da fare. Dai pomodori per la salsa ai peperoni arrostiti e chi sa quante altro ben di Dio. Le cugine oggi continuano questa di tradizione .
Aiutata da Giuseppe Mangone, compagno di Maria,”sfornava” quelle pizze con l’aiuto di un piccolo forno. Cinque minuti e la mini pizza era pronta dai gusti svariati. Passammo un ottima serata.
La nipotina Francesca era felice e contenta di mangiare la pizza fatta dalla nonna Maria Luisa.
I cugini Pasquale e Raffaele Martino li abbiamo visto ben poco, ma passammo dei bei momenti insieme. Con Angela invece ci siamo visti di più ,abbiamo anche scattato alcune foto.
Non poteva starsene lontana dalla cara cugina!. Della stessa età ,cresciute praticamente insieme,hanno onorato con la loro grande amicizia ,l’amore che si contraccambiavano i loro padri ,fratelli ,Zio Giuseppe e mio suocero Francesco e le le loro mamme ,zia Maria e la cara suocera Maria Isabella. Tutti deceduti…purtroppo.
Ci trovammo anche per il battesimo della piccola Giulia ,figlia della nipote Marianna e di Tiziano. Si é svolto tutto a San Giovanni in Fiore. Battezzata nella chiesa della loro parrocchia ,quella di Santa Lucia, poi accolsero tutti gli invitati in un ristorante nella parte superiore dello stesso paese.
Passammo un ottima serata, con un delizioso menu’ ,ma la cosa più divertente é stata di aver avuto come musicisti una “famiglia” . Il fratello del cognato Antonio Guzzo, Mario era addetto al piano, mentre sua moglie Kathy affiancata dal figlio Gianmarco, hanno allietato la serata con bellissime canzoni popolari nostrane e italiane in generale.
La sera del 3 settembre , ultima sera passata nel paesello , era una di quelle serate che a fine agosto é raro averle ,sembrava che ci fosse stata regalata da chi sa quale Santo.
Non soffiava vento alcuno ,tanto che le foglie sembravano fatte di gesso.
Cenammo quasi ammutoliti,restava ancora una salsiccia .
“SE FELICE VUOI ESSER SIA ……,CHE AL DI DIMAN NON VI É CERTEZZA”. Sembrava che la situazione si leggesse un po’ cosi.” E migliu ca ta mengi ca sta saccizzella ,ca all’America un ne truavi!”
Sapendo e pensando che non ci sarebbe stato ammesso portarne anche un pezzettino, ne approfittammo e soddisfammo la nostra golosità.
E cosi’ dopo cenato, soli soletti ,decidemmo di farci una camminata, l’ultima almeno per il 2018.
Dopo i bars non incontrammo praticamente più nessuno . Continuammo fino alle Castagnelle. Ma prima scattai qualche foto a quella Nicchia dove é conservata l’Immagine di San Leonardo, Patrone del paesello. Sentimmo l’abbaiare di qualche cane ,era già notte buia, forse le 21.
Ci fermammo in piena curva. Guardai quelle poche castagne rimaste,e cercai di respirare a pieni polmoni quell’aria fine della zona. Era tutta un altra cosa. Salimmo e imboccammo la strada che porta verso i Cruci.
Nemmeno farlo apposta ci incontrammo con il cugino Peppino Marano e sua moglie Lucia.:” Che combinazione cugi’ ” Gli feci. :” Emmera veramente!” Mi fa lui.
Parlammo un bel po’.Ci abbracciammo,augurando a Lucia una presta guarigione e a Caterina un radioso avvenire!
Dopo aver salutato i cugini ,diedi uno sguardo anche se fosse buio verso quella nostra cara Chiusa. :” Domani sera a quest’ora si va direttamente verso Roma.” Incominciai a sentirmi triste e camminando parlavo con me stesso :”
“Arrivederci vecchi pini ,vecchie castagne ,vecchie querce ,almeno quelle rimaste .
Arrivederci cara “Caselluzza” .Chi sa quanta uva é stata pigiata nelle tue quattro mura! .
Arrivederci stradetta rimasta rurale che porta fino ai cani del cugino Pietro dalla parte della “MANCA” (sinistra) , e alla casa di Marru Luvice”.
Arrivederci cari uccellini, Merlo ,Pica , Capinera ,una volta vittime della mia malvagità nei vostri confronti, per avervi sempre sottratto dal vostro nido i vostri piccoli!!
Arrivederci cara terra dei miei nonni materni , arrivederci alla prossima volta se Dio vorrà!! .”
L’ultimo sguardo fu per quel “terreno ” che una volta fu il nostro caro Vecchio Cimitero!. E altri ricordi tristi affollarono nella mia mente.
Guardai il caro Cipresso, sempre li immobile ,con la sua centenaria presenza ,sta la come se volesse proteggere ancora per altri secoli quel luogo Sacro. !!
Tornammo a casa sarebbe stata l’ultima notte passata in quella casa di Via Garibaldi.
Fine quattordicesimo Cap.
Continua.
Peppino Fazio.
Per i prossimi capitoli passeranno diversi giorni.
Impegni di famiglia mi terranno lontano dalla tastiera. Rprendero’ con il 15.mo capitolo fra poco più di una settimana. Grazie a chi sta avendo tanta pazienza nel leggere questi miei semplici racconti. Godetevi questa carrellata di foto ,perché le prossime saranno diverse.
ANNO 2018 CAP. TREDICESIMO
marzo 4, 2019
ANNO 2018 CAP. TREDICESIMO
Vi ricordate di Pasquale Lanatà? Il mio vecchio compagno di Seminario nella San Paolo di Roma? Bene. Tornando dalla Capitale con suo figlio ,prima di continuare per Le Castelle ,chiamandomi mi disse che sarebbe passato dal paesello per vedermi.
Fu una visita fugace. Ci demmo appuntamento davanti alla chiesa. Parlammo e non volendo passare di casa,dopo una mezz’oretta ci salutammo .
Oltre a noi da Calgary erano venuti Franco e Caterina Fabiano, del resto lo fanno ogni anno. Ci eravamo visti in molte occasioni ,ma Caterina volle assolutamente invitarci a casa sua per pranzo. Vista la loro insistenza accettammo.
Quel giorno erano venuti pure da Rossano sia Lina, moglie di Luigi Pandullo, sorella di Caterina che suo figlio Giuseppe ,un bel giovane. Pranzammo insieme .Inutile dirvi che la Fabiano (Cortese) preparo’ dell’ottimo cibo alla calabrese,pasta e polpette.
I cugini Domenico De Pasquale e Antonio Gangale, meritavano anche loro una visita. Specialmente Domenico che negli ultimi tempi ha difficoltà con gli occhi e resta sempre a casa. Antonio invece ,lo vedevo ogni tanto al Bar ,ma poi prima di partire andammo a salutarlo. Due carissimi nipoti di mio padre ,figli di due carissime sorelle ,Caterina e Rosina!!
Con Fiorella e Domenico Macchione bolognesi ci vedevamo spesso . Fiorella e Domenico leggono molto anche le mie storie . Nel 2009 mi disse che mentre stavano leggendo un passaggio ,dovettero smettere perché vennero afferrati da una forte emozione.
Facemmo alcune visite alla cugina Chicchina Gangale e alla sua cara figlia Rosella , condannata in quella orrenda sedia per tutta la sua vita .
Era appena guarita da una forte caduta che le aveva causato la rottura di una gamba. Ci accoglieva sempre con un forte sorriso e un interminabile abbraccio.
Salutammo anche l’altro figlio Franco e il suo figlioletto. Un grazioso bambino di almeno sei anni.
Prima di partire mi augurai di poter incontrare al paesello il mio cugino Luigi De Pasquale (Max). Dopo la sciagura che si abbatte’ sulla sua famiglia ,con la scomparsa di suo figlio Luca in terra di Spagna ,Monica e lui entrarono in profondo dolore.
La loro vita fu sconvolta da quell’orrenda tragedia. Luca lascio’ questa terra poco più ventitreenne.
Piangeranno per tutta la loro vita quel gioiello di figlio.
Nel 2017 non se la senti’ di lasciare sola Monica e scendere in Calabria.
Dopo l’incoraggiamento di amici e familiari l’estate scorsa volle fare il grande sforzo. Lascio’ la moglie andare dalla mamma e cosi si reco’ al paesello per trovare un po’ di serenità e soprattutto un po’ di riposo mentale.
Ci abbracciammo come mai fatto con nessuno. Lunghi sguardi ,nessuna parola ,occhi pieni di lacrime. Prima di allora lo avevo fatto per telefono, vi assicuro che era straziante non poterlo vedere e nemmeno toccare . Adesso lo avevo tra le mie braccia,sentivo il suo corpo tremare,tremava anche il mio.
Involontariamente gli provocai “un rinnovo”, ma incominciammo a parlare subito. Mi sembrava più rilassato, forse quello sfogo gli aveva fatto bene.:”Allora tutti bene a Montreal? ” Mi fa .
Parlammo del cugino Antonio che non stava bene. :” É distrutto il nostro caro cugino Peppi’!”.
Qualche giorno prima di morire era scappato a San Giovanni a prendergli delle medicine perché Antonio non poteva digerire ed era anche nell’incapacità di andare al bagno. Poi sapete tutti cosa successe.
Sarà stato orrendo con coltellate nel petto in fondo al cuore vedere il cugino inerme in quella fredda bara!. Il pensiero sarà ritornato un anno e mezzo prima quando gli portarono il figlio anch’esso in una fredda bara.
Vorrei terminare questo capitolo con una cosa lieta.
Il nipotino Giuseppe si affeziono’ subito al cugino Max. Nelle sue camminate serali con i genitori ,passando dal bar , lo chiamava e se lo stringeva al petto , alla fine non gli faceva mai mancare il gelato. Luigi lo faceva con il cuore.Chi sa per che cosa lo facesse. ..
Divennero veri “amici”. Giuseppe non si scorderà mai più del mio caro cugino. Infatti mio figlio Francesco quando gli chiede :”
Joey, who your best friend in Castelsilano? ”
” Chi é il tuo migliore amico a Castelsilano? .” Giuseppe risponde con un sorriso:” Zio Max!!!
Fine Tredicesimo Cap.
continua.
Peppino Fazio.
ANNO 2018 CAP. DODICESIMO.
marzo 4, 2019
ANNO 2018 CAP. DODICESIMO
Esattamente come nel 2013 le vacanze di mio figlio Claudio e famiglia terminarono prima delle nostre .I nipotini lasciavano un certo vuoto,del resto sapevamo che sarebbe successo.
Ci abbracciammo ,strinsi Giuseppe ed Erica al mio petto e rimasi a guardarli fino a quando la macchina sulla quale erano saliti , non scomparve dietro quelle case di Via Sottana.
Ci mancarono molto i nipotini, ma ci mancava anche il “noleggio”.In macchina ci potevamo spostare di più e lontano, adesso ci restava a far le ultime visite a piedi e limitate nel paesello..
I primi giorni senza di loro fecero un certo effetto. Non si vedevano nemmeno Francesco e Maria Luisa. Chi sa cosa avranno pensato alla loro partenza? . Francesco era abituato a farsi quelle lunghe corse in bicicletta su quella “Vinella” appena rifatta.
Partiva di corsa da casa sua e arrivava senza disturbo alcuno fino alla vecchia casa ( ora abbandonata! ) di Giuseppe Piccolo ,detto “U BOSCHU”.
É un dovere per me continuare a menzionare altre persone per motivi molto validi, sia perché hanno fatto parte della mia infanzia e , sia per un certo affetto che nutro per loro e anche perché con alcuni di loro abbia diviso momenti felici.
Matteo Piperio ,Dottore ,vive ora da moltissimi anni a San Giovanni In Fiore ,dove esercita la sua professione. Non vorrei ripetermi, ma chi avrà avuto modo di leggere le mie storie , Il Dottore Matteo Piperio ,fu uno dei miei migliori amici d’infanzia.
Oltre aver condiviso la quinta elementare ,fu una mia spalla durante le nostre infinite partitelle di calcio, prima nella curva del Cimitero Vecchio e poi alla Fossa Arena.
Ci siamo incontrati due ,tre volte. Una domenica ci trovammo in chiesa per la solita Messa. Non ci siamo abbracciati solamente,ma abbiamo conversato del nostro passato.
Nel mese scorso venni a sapere che era stato ricoverato all’ospedale di Catanzaro per un forte disturbo al cuore.
Ottenuto il suo telefono tramite sua sorella Teresa, lo chiamai. gli feci i più sinceri auguri per un presto ristabilimento. :” Sto molto meglio adesso caro Peppino” Mi rispose.
:” Ancora qualche giorno di convalescenza e poi potrò’ riprendere la mia attività, grazie mille per la chiamata!” .Ci salutammo.
Nemmeno farlo apposta quella stessa domenica incontrai in chiesa Peppino Congi, fratello della Comari Rita . Era stato ospitato dal compare Giovanni Falbo ,appena arrivato dalla Svizzera..
. Purtroppo erano molto dispiaciuti per la scomparsa,prima della sorella Caterina, dei fratelli Enzo e soprattutto Antonio di poco scomparso a Roma. Infatti la cara comari Rita portava ancora il nero.
Non vedevo Peppino almeno dal sessanta . Sempre emigrato. Lina ed io lo abbracciammo, alto come sempre ,dovetti alzare i piedi per stringermelo forte. I primi anni sessanta con lui giovanissimo si trovava anche mio padre in terra Elvetica. Esiste una foto che lo conferma.
Maria Marasco ,figlia della cugina Luisa , era appena tornata dall’ospedale con due splendidi gemelli , DAVIDE E DIEGO ,oltre a Mattia già grandicello.
Andammo a trovarli. Due angioletti in quella culla emanavano solo tanta grazie e dolcezza.
La cugina Luisa (M.) fiera e orgogliosa di vedersi in casa sua tanto amore, non riposava un attimo affinché non mancasse niente a due gioielli e anche a Maria ,che veniva da un parto molto travagliato e doveva recuperare.
In questi giorni ho saputo che hanno fatto ritorno a Firenze. Immaginante quanto mancheranno alla cugina.!
Era nel frattempo incominciato il campionato italiano di calcio. Guardai la Juventus nella partita di esordio dal cugino Ciccio De Pasquale , ma poi volli far contenta la cugina Teresa Foglia.
Andai la settimana dopo da lei. Pietro con Agostino si erano procurati Sky.
Ma la cosa più bella fu di aver abbracciato il suo caro nipotino Pietro. Un bambino di poco più di un anno molto vispo e simpatico.Stava quasi sempre in braccio del nonno Pietro. Passammo un ottima serata insieme , spizzicando qualcosa ,anche perché la Juventus aveva pure vinto…immaginate!!
Fine Dodicesimo Cap.
continua.
Peppino Fazio.
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ANNO 2018 CAP. UNDICESIMO.
marzo 4, 2019
ANNO 2018 CAP. UNDICESIMO
In un vicinato quasi semi abitato di Via Garibaldi, in quel tratto di “Vinella” da poco tempo rifatta con delle pietre ben allineate , e con delle luci “piantate ” per terra che illuminavano ad intermittenza il luogo di notte da far invidia persino al miglior geometra della Regione, la nostra presenza aveva arricchito la zona.
Il frastuono e le grida dei miei nipotini Giuseppe ed Erica tenevano viva “a Ruga” . La famiglia Schipani era la più vicina, oltre a Domenico Russo e signora che dalla Germania annualmente si fanno una lunga vacanza al paesello.
Sistemati in quella casa di almeno tre piani con un grande balcone dal quale si può’ ammirare parte della nostra Castelsilano ,compresa la chiesa e poi tutto il territorio in lontananza, quasi a scorgere il mare di Crotone nelle giornate con un limpido cielo.
Nei giorni di riposo (si fa per dire) ,ai miei nipotini piaceva giocare davanti alla porta d’entrata, creandosi una specie di mini piscina con una grande bagnarola , un bacile e un secchio.
Francesco con la sorellina Maria Luisa fatta amicizia con loro partecipavano ai loro giochi. Giuseppe e Francesco divennero molto amici e spesso li vedovo insieme a calciare un pallone.
Ero molto felice ed era troppo bello vedere i figli di Mena Schipani giocare con Giuseppe ed Erica.
Pensavo:” Il nipotino dovrà pure dire a Francesco qualche parola, non certo in inglese. Dovrà pur sforzarsi per migliorare il suo italiano”!
La loro nonna Vincenza passava molte volte al giorno da quella vinella stretta. Il suo compito era di andare ad assistere i suoi animali non lontano da la. C’era sempre un sorriso per noi e qualche altra cosa. Tanto che un giorno decidemmo di andare a trovarla a casa.
Abbracciammo suo marito ,il parente Tommaso, nel vederlo mi ricordava moltissimo la zia Filomena ,sua mamma!.
Se dovessi parlare di tutti coloro che mi hanno rivolto la loro attenzione oppure di tutti coloro che ,modestamente lo dico ,si son voluti e volute congratulare con me per i miei racconti, ci vorrebbe un libro di mille pagine e più.
Mi limiterò’ solo a parlare di alcuni. Ma ne sono certo che alla fine ne dimenticherò più di uno e me ne scuso immensamente fin da adesso. Tutti meriterebbero di essere menzionati.
Con Mario Tallarico della vicina Savelli , ci siamo conosciuti su facebook (ancora !). La ragione della nostra amicizia é avvenuta per aver scoperto che una sorella di mio padre Mariuzza Fazio , sposo’ in Arizona un fratello della mamma. Il signor Ambrosio. Morto giovane purtroppo.
Mario venne a trovarci in Via Garibaldi. fu bellissimo, parlammo di tante cose, e scattammo anche delle foto.
Una che non ci saremmo aspettati di rivedere dopo moltissimi anni É Rita Piccolo, figlia di Adelina Marasco ” a Luviciazza” e di Antonio (Totonno) ” U Grariaru” .
Non vorrei sbagliarmi ma da piccolissima Rita con i genitori e le due sue sorelle , Rosetta e VIttoria ,hanno abitato alla “Graria” ,in quella palazzina che si può’ vedere ancora adesso dalla strada rotabile. Da qui il soprannome a Tatonno “U GRARIARU” Pero’ una volta sposata si trasferì’ a Crotone.
Rita é una assidua lettrice dei miei racconti. Li legge tutti. Molte volte anche lascia dei commenti che mi lusingano molto.
Sapeva che ci trovavamo al paesello ,un giorno venne a trovarci con suo marito. Un bell’uomo nativo di Crotone.
Si conosceva molto bene con Lina da ragazzine ,e quando si videro si abbracciarono. Ci abbracciammo tutti. Passammo quasi un’oretta insieme e parlammo un po’ di noi stessi. Rita e il marito ci portarono anche dei pasticcini. Li ringraziammo per il gentil pensiero .
Nel lontano 67 quando emigrai mi ero licenziato oltre a tutti i miei cari amici del paesello anche con un certo Toto’ ,Salvatore De Vuono di Cerenzia.
Di lui parlai molto nei precedenti raccanti.Disputammo insieme qualche partita e per giunta frequentammo lo stesso Magistrale e viaggiammo con lo stesso Pullman di Romano.
Non lo vedevo da quel lontano 1967! Immaginate,da oltre cinquant’anni.
Maria Rosa Piccolo, una sua cugina , ma di Castelsilano, “una e RI BOSCHI” ,anche lei una mia assidua lettrice ,mi fece da “gancio”.(GRAZIE MARIA ROSA!) Le feci saper via Messenger che quella sera mi trovavo con la famiglia alla Fenicia di Cerenzia.
Le chiesi se sarebbe stata capace d’informare Toto’ della mia presenza al Ristorante . Mezzo’ora dopo mi sento dire alle spalle:” Cerco un certo Peppino Fazio ,lo conoscete?” Mio figlio Claudio che mi stava accanto per prima rimase perplesso ,poi capi’ la battuta, io mi misi a ridere. Non c’é l’ho fatta. Mi girai d’un colpo e lo abbracciai.
Abbracciai non solo un mio vecchio amico, ma abbracciai il mio passato. Toto’ ed io passammo dei bei momenti insieme. Quante chiacchierate sul calcio in quel Pullman di Romano!
Quando in quella grande nevicata l’autista fu costretto a far scendere gli scolari provenienti da Cerenzia e da Caccuri!!
Allora ,(ma anche adesso) aveva una memoria di ferro. Sapeva tutte le formazioni delle Nazionali di Calcio Europe. .
Ci appartammo e parlammo ..naturalmente di quel tempo che ormai sia per lui che per me era ormai tramontato. Parlammo di quel passato che ci vide insieme nel pieno della nostra gioventù .
Parlammo di quegli anni ormai lontani ,dove anche il semplice ricordare diventa sterile. Parlammo di quel nostro caro Magistrale e e di alcuni nostri vecchi amici, alcuni purtroppo già scomparsi.
Parlammo di noi stessi,mentre i nostri sguardi si incrociavano, io cercando nella mia mente “quel TOTO DE VUONO’ centravanti di oltre cinquant’anni fa! Ma ne sono sicuro che anche lui avrà fatto la stessa cosa. :” Cercare ” nella sua mente il PEPPINO FAZIO” quell’ala sinistra di oltre cinquant’anni fa!
Fine undicesimo Cap.
Continua.
Peppino Fazio.
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